Dalle violente eruzioni che sprigionano più energia di milioni di bombe atomiche alle potenti folate di vento solare: la superficie della nostra stella è un ambiente decisamente turbolento. E quando le particelle elettricamente cariche sprigionate dal Sole arrivano fino a noi, possono deformare lo scudo magnetico della Terra, creando nuovi campi magnetici che si estendono per migliaia di chilometri. Ma che fine fa tutta questa energia?
Ora – spiega Global Science – una delle principali missioni della Nasa dedicate al clima spaziale, Magnetospheric Multiscale (Mms), ha scoperto che il fenomeno responsabile della dispersione energetica è la cosiddetta ‘riconnessione magnetica’. Si tratta del processo per cui le linee di un campo magnetico si rompono e poi si ricongiungono violentemente – lo stesso meccanismo che provoca ad esempio le aurore polari. Nel caso del campo magnetico terrestre, i dati provenienti da Mms mostrano che la riconnessione produce getti di elettroni invece che di ioni, come avviene in altri casi, e che queste particelle si muovono circa 40 volte più velocemente della media.
I risultati, pubblicati su Nature, potrebbero aiutare gli scienziati a comprendere il ruolo della riconnessione magnetica in altre zone del nostro sistema planetario, ad esempio nella corona solare. “Questa scoperta – commenta Tai Phan dell’Università della California, leader dello studio – contribuisce a capire i meccanismi per cui i turbolenti campi magnetici attorno alla Terra dissipano la loro energia nell’universo.”