“Il rischio dell’istituzionalizzazione è sempre presente, perché laddove ci sono persone deboli o indebolite dalla malattia, e persone forti che governano la situazione, facilmente si perdono di vista diritti e identità. Se oggi un rischio c’è, forse non è tanto nella psichiatria quanto nell’universo degli anziani“. E’ quanto dichiarato da Leo Nahon, medico settantenne che fino al 2015 è stato direttore della Struttura complessa di Psichiatria 3 dell’ospedale Niguarda di Milano, è che da giovane è stato assistente di Franco Basaglia all’ospedale psichiatrico di Trieste. L’esperto ha dunque vissuto da vicino la rivoluzione sancita dalla legge che porta il nome del suo ‘maestro’, la 180 del 1978, considerata dagli specialisti una pietra miliare con cui 40 anni fa si è concretizzata una svolta nell’approccio alla malattia mentale e al malato.
Quando si comprese come fosse necessario mettere al centro la persona malata e di non considerarla più come pericolosa e da rinchiudere, ma come bisognosa di cure e attenzioni e da includere nella società, in psichiatria si fecero numerosi passi avanti, osserva Nahon, “e c’è molto interesse anche da parte di altri Paesi sul lavoro fatto in Italia“. Se oggi c’è un settore al quale va prestata invece attenzione è quello degli anziani, spiega all’AdnKronos Salute. “Solo in Lombardia si contano 50 mila letti in quelle che si chiamano Rsa (residenze sanitarie assistenziali). Gli anziani, allettati e non, a volte non hanno voce, sono persone in piena fragilità. E i grandi agglomerati destinati a ospitarli, se non vengono costantemente attivati, sorvegliati e animati rischiano di trasformarsi nei nuovi manicomi“, avverte l’esperto che dopo la pensione ha deciso di occuparsi di psicogeriatria ed è ora consulente di Rsa. Un invito a riflettere, alla luce dei casi di ‘ospizi lager‘ che finiscono ormai troppo frequentemente alla ribalta delle cronache nazionali e sui quali anche il ministero della Salute sta ponendo la massima attenzione.