Lunedì 4 giugno alle 21.05 su Rai3 va in onda un nuovo appuntamento con “Report“.
Tra i servizi AAA Affitta Italia, il nuovo modo di viaggiare che sta soppiantando bed and breakfast e alberghi: Airbnb gestisce nel mondo 4,8 milioni di annunci. In Italia, nel 2017 ha dato ospitalità a 7,8 milioni di turisti. Parola d’ordine: condivisione. Non solo di una camera da letto, ma di un’esperienza reale, tra la gente che vive davvero il luogo che visitiamo. Ma è così? Abbiamo fatto un viaggio dentro il mondo di Airbnb, per scoprire che molti host sono in realtà grandi società immobiliari e non semplici cittadini che arrotondano. E che nei centri storici il fenomeno degli affitti a breve termine sta producendo un esodo degli abitanti. In Europa sono corsi ai ripari, limitando la possibilità di affittare le case ai turisti. Negli Stati Uniti, a San Francisco dove Airbnb è nata, il Comune è riuscito a farsi consegnare dalla piattaforma web i dati degli host, per poter governare il fenomeno e colpire l’evasione fiscale. E in Italia? Una legge ci sarebbe, ma Airbnb ha fatto ricorso e ha deciso di non applicarla. Anche per evitare che il fisco bussi alla porta della multinazionale californiana, che scherma i suoi profitti nei paradisi fiscali.
Infine il ricircolo virtuoso, “Dalla culla alla culla”, come dice il guru dell’economia circolare Walter Stahel: un’economia “pensata per potersi rigenerare da sola” in un processo di riciclo virtuoso. Così, con i fondi di caffè si può produrre di tutto e dai pannolini usati nascono mollette da bucato, la grafite diventa una matita senza legno e le bucce di arancia si trasformano in un tessuto morbido come la seta. Sono numerosi gli scarti industriali riutilizzabili, dalla carta al vetro, alla plastica recuperata dagli oceani trasformata per produrre scarpe da ginnastica. Tra i grandi paesi europei l’Italia è quello che recupera più materia prima da reimpiegare nel sistema produttivo, il 18,5%. Il “pacchetto economia circolare” è stato da poco approvato in Europa. Tuttavia, con le norme vigenti, se lo scarto di produzione viene classificato come “rifiuto” anziché come “sottoprodotto”, è intoccabile e non può essere riciclato.