Occhi puntati sulla Grande Macchia Rossa, la vasta tempesta anticiclonica che infuria a 22° sotto l’equatore di Giove e che, secondo gli studiosi, è attiva da oltre 350 anni. Un recente studio, coordinato dal Goddard Space Flight Center della Nasa, ha indagato le pieghe recondite di questo celebre tratto distintivo del pianeta, individuando tracce chimiche di acqua. La ricerca è stata illustrata nell’articolo“The Gas Composition and Deep Cloud Structure of Jupiter’s Great Red Spot”, pubblicato di recente su The Astronomical Journal. L’eventuale presenza dell’acqua nell’atmosfera del gigante gassoso – spiega Global Science – ha tenuto con il fiato sospeso generazioni di ricercatori, anche nella prospettiva di avere un quadro più chiaro sulla formazione di Giove e, più in generale, sulla nascita del Sistema Solare. Con il nuovo studio, il team del Goddard ha cercato di dare una risposta a questo annoso interrogativo.
Il gruppo di lavoro ha utilizzato i dati raccolti da due telescopi di terra particolarmente sensibili all’infrarosso e situati ambedue sulla sommità del Manua Kea alle Hawaii: W.M. Keck Observatory e Nasa Infrared Telescope Facility, impiegato soprattutto per lo spettrografo Ishell. Gli studiosi hanno analizzato le radiazioni termiche che fuoriescono dal ‘cuore’ della Grande Macchia Rossa e hanno riscontrato la ‘firma’ chimica dell’acqua al di sopra delle nubi più profonde che avvolgono Giove. Le misurazioni effettuate, relativamente alla pressione dell’acqua e al monossido di carbonio, implicano che il pianeta gigante ha da 2 a 9 volte più ossigeno rispetto al Sole e questi dati sono coerenti con i modelli informatici, che prospettavano appunto la presenza del prezioso elemento. In particolare, la Grande Macchia Rossa è caratterizzata da tre strati di nubi, il più profondo dei quali si trova in una condizione dove la temperatura raggiunge il livello in cui l’acqua si ghiaccia; gli studiosi ritengono quindi di aver individuato una probabile nube d’acqua.
L’acqua è considerata un fattore critico per migliorare la conoscenza di Giove, non solo per quanto riguarda l’atmosfera, ma soprattutto per determinare se il pianeta abbia o meno un nucleo costituito da ghiaccio e rocce. Una vecchia teoria, un tempo largamente accettata, riteneva il colosso identico al Sole, quindi interamente gassoso; nuove ipotesi, invece, propendono per la presenza di un nucleo, la cui massa dovrebbe raggiungere 10 volte quella della Terra, e sono comprovate dai dati raccolti dalle sonde che sin dagli anni ’70 hanno visitato Giove o sono state di passaggio mentre erano dirette verso altre destinazioni. Il team del Goddard intende proseguire questo filone di ricerca e attende i dati della sonda Juno della Nasa per integrare la metodologia di indagine utilizzata con i due telescopi del Manua Kea.