La prima ‘Bic’, marchio inventato dal barone italo-francese Marcel Bich, che comprò durante la seconda guerra mondiale il brevetto da Laszlo Jozsef Birò, venne messa in vendita in un grande magazzino di New York il 29 ottobre 1945. La penna destinata a rivoluzionare completamente il mondo della scrittura era nata quasi casualmente: era la fine degli anni ’30 e Birò, giornalista ungherese, ebbe l’intuizione della penna a sfera osservando alcuni bambini che giocavano a biglie per la strada.
Tutto accadde a Budapest, nel 1936. Una biglia lanciata in qualche parte della capitale ungherese da un ragazzino rotolò dentro una pozzanghera, per poi uscirne lasciando una scia sulla strada. Lazlo Biro’, che passava casualmente, osservò incuriosito la scena. Lui aveva fatto della scrittura il suo lavoro: era redattore in una rivista della città, ma faceva anche il pittore; era però un tipo abbastanza schizzinoso e non amava sporcarsi le mani. Da questo la sua avversione per la nobile penna stilografica, con cui lavorava ogni giorno e che lasciava tante antiestetiche macchie. Quella biglia rotolante, dunque, lo porta ad un’intuizione geniale: sostituire l’inchiostro liquido con quello delle rotative che stampano i giornali, molto più vischioso. Ma occorre qualcosa che renda fluida la scrittura. Ed ecco l’idea: inserire all’interno della punta una piccola pallina metallica che permetta la distribuzione omogenea dell’inchiostro. Laszlo si mette subito a lavoro insieme al fratello Gyorgy e, nel 1938, chiede il brevetto. Ma la seconda guerra mondiale è alle porte e il giornalista, che è di origini ebraiche, è costretto a fuggire inizialmente in Spagna, poi in Francia e, infine, in Argentina.
Ed è proprio in Argentina che Birò perfeziona e brevetta la sua invenzione, ma i tempi sono duri e i soldi scarseggiano. I costi di produzione troppo alti lo costringono a cedere i diritti della sua invenzione al barone Marchel Bich, torinese trasferitosi in Francia, che la perfezionerà ulteriormente e la legherà per sempre al suo cognome. Trasformata in una penna leggera e pratica, oltre che economica, la ‘Bic’ arriva così, il 29 ottobre 1945, in un grande magazzino di New York, al costo di 12,50 dollari. E da qui comincerà la fortuna del barone Bich che arriverà a produrne 10 milioni di pezzi al giorno, mentre Laszlo Birò morirà povero e sconosciuto a Buenos Aires nel 1985. Le prime penne a sfera arrivarono in Italia subito dopo la guerra, ma inizialmente il loro utilizzo fu osteggiato soprattutto dai maestri a scuola, che ritenevano peggiorassero la grafia. Anche negli uffici la biro non venne utilizzata se non negli anni ’60. Nota curiosa e tutta italiana: pare che il primo a chiamarla biro sia stato Italo Calvino, in onore dello sfortunato inventore.
“La Bic è la cosa che più di ogni altra mi ricorda l’essere umano. E’ capace di imprese grandiose, come compilare schedine vincenti e assegni scoperti, di azioni mediocri, come scrivere liste della spesa e biglietti d’auguri, e di crimini orribili, come vergare condanne a morte e lettere d’amore”, così scrive l’autore di ‘Un calcio in bocca fa miracoli’, Marco Presta.