Una tomba a caverna, risalente alla fine del IV millennio a.C., è stata rinvenuta praticamente intatta con le sue decine di sepolture multiple. La storica scoperta è avvenuta nel sito di Jebel al-Mutawwaq, in Giordania. Come si legge sul sito internet della rivista “Archeologia Viva” il rinvenimento è avvenuto nel corso degli scavi della missione archeologica di un’università italiana, quella di Perugia, diretta dal professore Andrea Polcaro. Alla missione, lo scorso settembre, hanno preso parte studenti del corso di laurea in archeologia e storia dell’arte dell’Università di Perugia e diversi collaboratori esterni di altri atenei italiani ed europei. Gli studiosi hanno rinvenuto una caverna funeraria intatta e sigillata, con decine di sepolture datate fra il 3100 e il 2900 a.C. Oltre alle sepolture e al vasellame di corredo sono state ritrovate prove di diversi rituali compiuti nella caverna prima e dopo il suo uso funerario, grazie alle quali sarà possibile ricostruire credenze e ideologie religiose legate al culto degli antenati dell’antica popolazione di pastori e agricoltori che viveva in quest’area della Giordania centrale oltre cinquemila anni fa.
Il ritrovamento è di fondamentale rilevanza per la ricerca storica. Il rituale scoperto prevedeva frequenti risistemazioni dei defunti, le cui ossa venivano sistemate in una pila al centro della caverna, mentre i teschi disposti lungo il fondo della camera funeraria; la tipologia di corredo, anch’esso degno di nota, era composto esclusivamente di vasi miniaturistici e unguentari; la caverna, inoltre, era collegata con un gigantesco dolmen che fungeva da accesso e protezione alla camera sotterranea in grotta. La caverna oggetto dello scavo della missione italiana era collocata proprio davanti al dromos del dolmen, con una pavimentazione esterna che accuratamente sigillava e nascondeva l’ingresso della grotta. I materiali rinvenuti nel dolmen lo datano con sicurezza al medesimo periodo di uso della caverna e questo vuol dire che entrambi erano usati contemporaneamente e facevano parte di un sistema di monumento funerario e camera sepolcrale legati a un complesso rituale di sepoltura e culto degli antenati.
La scoperta della tomba a caverna intatta, per quanto rilevante, fornisce ancora più importanza alla scoperta per la sua connessione diretta, sia architettonica, sia cronologica con il dolmen, in particolare se non si trattasse dell’unico esempio simile nel panorama dei cimiteri megalitici della zona. La possibilità che la maggioranza dei dolmen in Giordania si trovi vuota perché in antichità i loro costruttori abbiano portato via con sé le ossa dei propri defunti lì deposti, o che, in quanto strutture visibili, siano essi stati tutti completamente svuotati da furti in diversi periodi storici, potrebbe essere ora contraddetta dalla scoperta del team italiano a Jebel al-Mutawwaq.
“Il fatto che le sepolture dei dolmen possano essere in realtà preservate e conservate in camere sotterranee accuratamente nascoste, apre nuove possibilità di indagini in tutta l’area e questa stessa ipotesi verrà vagliata e esplorata nelle future campagne di scavo“, spiega l’archeologo Andrea Polcaro. Il sito di Jebel al-Mutawwaq comprende un insediamento di 18 ettari risalente al IV millennio a.C. costituito da una grande necropoli megalitica, composta da centinaia di dolmen ancora intatti, i quali si estendono su tutta la superficie della montagna situata lungo la media valle del fiume az-Zarqa, nella Giordania centro-settentrionale.