Una delle più grandi riserve del mondo di carbonio organico si trova nel suolo artico. Quando il permafrost si scioglie, i batteri di questi strati di terreno prima ghiacciati trasformano il carbonio in anidride carbonica e metano, che viene poi rilasciato nell’atmosfera. “Il metano è un potente gas serra. Quanto più metano viene rilasciato nell’atmosfera dell’Artico, tanto più calore viene bloccato vicino alla superficie e le temperature aumentano, il che a sua volta fa sciogliere ancora più permafrost e così via”, spiega Brett Anderson, meteorologo di AccuWeather.
Con un rilascio maggiore di gas serra, il conseguente riscaldamento nell’area può portare ad un repentino scioglimento che influenzerà la formazione dei laghi termocarsici artici, secondo uno studio pubblicato su Nature Communications. “Mentre le temperature nella regione artica continuano a salire, si scioglie sempre più permafrost, che a sua volta si indebolisce e affonda nel suolo, portando alla formazione di più laghi”, aggiunge Anderson.
I laghi termocarsici si formano nell’Artico quando il permafrost si scioglie e contengono un’importante quantità di gas serra. E questo meccanismo è stato molto importante nell’ultimo secolo, secondo Katey Walter Anthony, autrice dello studio che ha fatto parte dell’Arctic-Boreal Vulnerability Experiment (ABoVE) della NASA. “Non dobbiamo aspettare 200-300 anni per avere questi grandi rilasci di carbonio dal permafrost. Dovrebbe aumentare durante la mia vita e quella dei miei figli”, ha spiegato. Uno dei laghi artici studiati da Anthony e rinominato Esieh Lake sembra che stia ribollendo poiché sibila e forma bolle a causa delle forti emissioni di metano provenienti dall’acqua.
Oltre all’aumento delle emissioni di gas serra a causa dello scioglimento del permafrost, il rapido scioglimento del ghiaccio artico è un fattore che contribuisce anche al riscaldamento dell’area. Il sistema artico è profondamente diverso da quello dell’Antartide a causa della differente geografia di ciascuna regione. Il riscaldamento artico sta avvenendo molto più rapidamente rispetto a quanto previsto dai modelli e ad una velocità che è doppia rispetto a quella del resto del mondo, secondo James Overland, oceanografo della NOAA. Secondo il National Snow and Ice Data Center, l’estensione dei ghiacci dell’Artico nel dicembre 2017 era di 11,75 milioni di km², mentre nel dicembre 2016 era di 11,47 milioni, la seconda registrazione più bassa a partire dal 1979. Per anni, i ricercatori hanno potuto trovare banchi di ghiaccio dell’Artico risalenti a 10 anni fa e ora non si vedono più, secondo Mark Serreze, direttore di NSIDC.
Il ghiaccio artico non ha solo subito un notevole scioglimento negli ultimi anni, ma è anche più giovane e sottile rispetto a prima, aggiunge Serreze. Con un maggior scioglimento, l’Artico apre una superficie oceanica scura, che consente l’assorbimento di una maggiore quantità di luce solare. Questo, a sua volta, causa un maggior effetto di riscaldamento, che rende l’Artico un sistema totalmente differente dalla grande e spessa calotta polare dell’Antartide. “Stiamo anche osservando più fuliggine nell’Artico, che sta oscurando la neve e il ghiaccio in superficie. La tendenza a lungo termine dell’estensione del ghiaccio artico di dicembre è in ripido declino”, conclude Anderson.
La perdita di ghiaccio e l’aumento dello scioglimento del permafrost, dunque, possono solo inasprire il riscaldamento dell’area attraverso un circolo vizioso che potrebbe alla fine rivelarsi fatale per il nostro pianeta.