Report IPCC, Gianni Silvestrini (Kyoto Club): “Necessario cambiare modello economico per contenere il surriscaldamento globale al di sotto di 1,5°C”

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Oggi, lunedì 8 ottobre, l’IPCC ha reso noto il nuovo rapporto speciale sul mantenimento dell’innalzamento del riscaldamento globale a 1,5°C. Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club, ha affermato: “Per affrontare una sfida così radicale, il mondo politico, quello imprenditoriale e finanziario dovranno avviare una profonda rivisitazione degli attuali obbiettivi e delle strategie economiche. Ma servirà una mobilitazione dal basso”.

Difficile limitare il surriscaldamento globale entro i 1,5°C: per rispettare i target previsti dall’Accordo di Parigi del 2015 devono essere intrapresi sforzi lungimiranti e rapidi. Tuttavia, la missione non è impossibile.

Questo è il messaggio principale dell’ultimo report dell’Intergovernmental Panel On Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite, presentato oggi, 8 ottobre a Incheon, in Corea del Sud.

Il titolo completo dello studio, al quale hanno partecipato 91 scienziati provenienti da 40 Paesi diversi, è Riscaldamento globale di 1,5°C, un rapporto speciale dell’IPCC sugli impatti del riscaldamento globale di 1,5°C rispetto ai livelli del periodo pre-industriale e i relativi percorsi di emissioni di gas serra, in un contesto mirato a rafforzare la risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici, allo sviluppo sostenibile, e agli sforzi per sconfiggere la povertà.

I messaggi principali del Rapporto sono i  seguenti:

  • Se le temperature dovessero crescere ai ritmi attuali, il limite di 1,5°C verrebbe superato intorno al 2040.
  • L’innalzamento della temperatura del pianeta a 1.5°C rispetto a 2°C comporterebbe diversi vantaggi:
  1. Una riduzione dell’innalzamento del livello del mare di 10 centimetri.
  2. La preservazione di un maggior numero di specie e una conseguente minor perdita di biodiversità.
  3. Un contenimento nell’aumento della temperatura degli oceani, che limiterebbe la perdita di specie marine.
  4. Minori rischi per le popolazioni più vulnerabili, come quelle indigene.
  5. Minori rischi per la salute legati a caldo e siccità, concentrazione di ozono e trasmissione di malattie quali malaria e dengue.
  6. Minori rischi per la sicurezza alimentare legati alla riduzione delle rese agricole (mais, riso e grano), e la produzione di bestiame.

Secondo il report, per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C abbiamo un carbon budget che varia da 770 a 570 gtCO2. Le emissioni attuali sono di circa 42 GtCO2 ogni anno. Secondo gli impegni presi con l’Accordo di Parigi, le emissioni previste per limitare il riscaldamento a 1,5°C sono di 52-58 GtCO2 all’anno nel 2030, quasi il doppio rispetto alle rispetto alle indicazioni degli scenari a 1.5°C che prevedono un superamento minimo o nullo del limite (circa 25-30 GtCO2 nel 2030, corrispondenti ad un 40-50% delle riduzioni delle emissioni rispetto ai livelli del 2010).

Diverse, secondo l’IPCC, le trasformazioni che dovranno prendere piede per contenere il surriscaldamento globale ben al di sotto di 1,5°C.

Scenari che prevedono riduzioni della domanda energetica, decarbonizzazione di elettricità e altri combustibili, elettrificazione degli consumi finali di energia e profonde riduzioni delle emissioni del settore agricolo.

Un superamento delle temperature, richiederebbe una rimozione delle emissioni dall’atmosfera per riportare la temperatura entro il limite previsto. Questi scenari di superamento di temperatura si basano su un dispiegamento su larga scala di misure di rimozione dell’anidride carbonica (Carbon Dioxide Removal, CDR). Tanto maggiore sarà il superamento di 1.5°C, tanto più si dovrà ricorrere a tecnologie a emissioni negative, mai testate su larga scala, specifica il rapporto.

Ma l’utilizzo della CDR su larga scala è rischioso per le implicazioni che potrebbero avere sullo sviluppo sostenibile e la competizione per l’utilizzo di terreno, acqua ed energia. Una riduzione

della domanda energetica, minori consumi, anche di cibo ad alto contenuto di GHG, a breve termine, potrebbero ridurrebbe la dipendenza dai CDR.

“Un messaggio estremamente allarmato, ma con un filo di speranza quello che viene dal rapporto speciale dell’IPCC, l’organismo scientifico che supporta le Nazioni Unite nelle trattative sul clima. Se infatti, da un lato esso sottolinea come riuscire a mantenere l’aumento di temperatura sotto 1,5 °C, cioè mezzo grado più di oggi, consentirebbe di ridurre impatti catastrofici, al tempo stesso riconosce come questo risultato sia estremamente difficile da raggiungere. Occorrerebbe infatti ridurre le emissioni del 45% al 2030 rispetto al 2010. Inoltre nei decenni successivi si dovrebbero assorbire gigantesche quantità – miliardi di tonnellate – di anidride carbonica dall’atmosfera. E’ chiaro che ogni giorno di ritardo nelle politiche climatiche comporterà successivi tagli sempre più drastici delle emissioni e un aggravamento dei rischi. Per affrontare una sfida così radicale, il mondo politico, quello imprenditoriale e finanziario dovranno avviare una profonda rivisitazione degli attuali obbiettivi e delle strategie economiche. Un cambio di marcia che non avverrà però senza una grande mobilitazione dal basso” ha dichiarato Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club.

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