Secondo una ricerca condotta da un team di geografi e archeologi della University College London e del King’s College, pubblicata su Nature Communications, l’attività umana della pastorizia ha probabilmente ritardato di circa 500 anni la nascita del deserto del Sahara e non avrebbe quindi accelerato il declino del “Verde Sahara“, della fase “umida”, caratterizzato dalla presenza di laghi e vegetazione.
L’area, 8mila anni fa, non era desertica: era un ecosistema vitale, popolato da cacciatori e pescatori. Successivamente, con la variazione dell’orbita della Terra, la pioggia è diminuita ed è iniziato il declino della vegetazione: 5.500 anni fa, l’ecosistema ha assunto le caratteristiche che lo hanno poi reso il deserto che conosciamo oggi.
La pastorizia, nomade o semi-nomade, si è sviluppata nel Sahara a partire da circa mille anni prima di quell’esito finale: considerando variabili come vegetazione, precipitazioni, e altri processi come l’aumento dell’energia proveniente dal Sole e dell’anidride carbonica nell’atmosfera, i ricercatori hanno dedotto che il “Green Sahara” sarebbe dovuto scomparire prima: è questo dato a suggerire che i pastori potrebbero essere rimasti attivi più a lungo di quanto creduto e le tecniche adoperate li avrebbero aiutati ad adattarsi ai cambiamenti ambientali.