Secondo il calendario tradizionale cinese, il 2018 è l’anno del cane, ma per gli investitori il 2018 si sta rivelando sempre di più l’anno delle commodities. Il mercato delle materie prime sta infatti seguendo un trend rialzista, in particolare per quanto riguarda i metalli come il rame, l’alluminio, il carbone e lo zinco.
Il trend del 2018 è, secondo il fondatore della società di investimenti DoubleLine Capital, Jeff Gundlach, una continuazione di quello del 2017 e la volatilità dei prezzi delle commodities molto probabilmente continuerà a crescere rispetto ai livelli attuali, che sono storicamente piuttosto bassi. Della stessa opinione è anche il gestore di fondi Paul Tudor Jones (diventato un’autentica leggenda della finanza dopo aver predetto il celebre Lunedì Nero del 1987), il quale ha dichiarato all’emittente americana CNBC che attualmente preferisce tenere nel suo portfolio commodities piuttosto che azioni.
In questo scenario, le commodities potrebbero essere una delle forme di investimento da non sottovalutare anche per l’investitore indipendente. Vediamo di capire perché puntare sulle materie prime potrebbe essere la scelta giusta nell’ultimo bimestre del 2018 e nei primi mesi del 2019.
Il mercato azionario ha un trend ribassista
Dopo il forte rialzo che ha caratterizzato l’anno scorso, nel 2018 i mercati azionari sembrano aver finito la spinta rialzista e anzi stanno iniziando a dare preoccupanti segnali di ribasso. Secondo alcuni analisti l’azionario sembrerebbe aver raggiunto il suo massimo dopo la crisi del 2008 e ad avvalorare questa tesi ci sono anche altri fattori. Primo fra tutti il rendimento dei titoli di stato americani, che ad aprile hanno toccato il 3%, una soglia psicologica considerata pericolosa per l’azionario, perché potrebbe convincere molti investitori a puntare sui bond statunitensi, finalmente redditizi dopo anni di tassi praticamente a zero. Ma a pesare sulla stabilità dei mercati c’è anche il debito privato americano, oggi molto più alto rispetto al 2008, e il sospetto che i prezzi delle azioni siano in una bolla, dopo dieci anni di crescita.
Le commodities sono sottovalutate
Un aspetto che non molti tengono in considerazione quando si parla di commodities è il loro prezzo estremamente basso. Con la crisi del 2008 le quotazioni delle materie prime sono crollate ma – a differenza del mercato azionario – nei dieci anni successivi non sono risalite significativamente. Ad eccezione di alcuni massimi relativi collegati alla ripresa del commercio mondiale, hanno continuato a mantenere un trend ribassista, arrivando così ai minimi attuali. Se comparate ai prezzi delle azioni, le materie prime risultano molto più convenienti e questo potrebbe essere un ulteriore motivo per aumentare l’incidenza delle commodities nel proprio portfolio investimenti.
Il dollaro debole
Le materie prime sono scambiate in dollari e quindi c’è una forte correlazione tra le commodities e la valuta statunitense. I Paesi che hanno valute più deboli sono svantaggiati quando il dollaro è forte, ma al contrario sono in una posizione di favore quando si indebolisce e possono acquistare di più. Nell’ultimo anno la moneta americana si è svalutata di circa il 13% rispetto alle altre principali valute. Le motivazioni che hanno portato alla perdita di valore del dollaro possono essere sintetizzate in alcuni fattori chiave: la competizione di altre valute come l’Euro e lo Yen, l’inflazione americana in considerevole aumento e anche la vendita di titoli di stato USA da parte della Cina (che ne è il maggior detentore). Questo scenario potrebbe contribuire ad un aumento della domanda di materie prime e ad un loro conseguente apprezzamento.
La forte crescita economica globale
Le materie prime sono correlate anche alla crescita economica, perché in una fase di espansione si verifica sempre un incremento della domanda di quasi tutte le commodities, dalla farina al rame, dal petrolio al gas naturale. Secondo alcune stime della Banca Mondiale, il 2018 vedrà una crescita del PIL globale pari al 3,1% e questo sarà il primo anno dopo la crisi in cui l’economia mondiale sarà nuovamente al massimo delle proprie possibilità. I Paesi emergenti sono attestati di una crescita intorno al 4,5%, mentre le grandi economie come gli Stati Uniti dovrebbero arrivare al 2%. Il 2018 potrebbe rivelarsi anche l’anno record per quanto riguarda il fabbisogno energetico mondiale, con una domanda doppia rispetto a quella del 1980, trainata dalla Cina e dall’India. Per le commodities questo potrebbe tradursi in un aumento delle quotazioni, in particolare per il rame, l’acciaio e il carbone.
La scarsa disponibilità di materie prime
Per diverse materie prime, è abbastanza facile prevedere una domanda molto superiore rispetto all’offerta. Ad esempio, la crescente produzione di auto elettriche sta aumentando la richiesta di litio, già molto utilizzato dall’industria dell’elettronica di consumo. Per dare un’idea, la fabbrica di Tesla nel Nevada produrrà nel 2018 più batterie di quante ne siano state prodotte a livello globale in tutto il 2013. L’auto elettrica vivrà un vero e proprio boom nei prossimi anni con l’ingresso sul mercato dei grandi costruttori generalisti. Attualmente, la quantità di litio estratto dalle miniere non sembra essere sufficiente per soddisfare la domanda e infatti il prezzo del metallo è quasi triplicato in appena dieci mesi. Anche per una commodity classica come l’oro, sembra che la domanda superi abbondantemente la capacità estrattiva a livello globale e questo potrebbe essere un ulteriore fattore che contribuisce all’aumento del prezzo.
Al di là dell’analisi di scenario, il periodo che stiamo vivendo nell’economia globale e sui mercati finanziari gioca sicuramente a favore delle materie prime. In questa fine 2018 e inizio 2019 potrebbe essere veramente il momento migliore per investire sulle commodities negli ultimi dieci anni.