Un lungo applauso e tante lacrime hanno salutato l’uscita del feretro di Giuseppe Liotta, il pediatra quarantenne morto durante il nubifragio di sabato scorso nel Palermitano, mentre si stava recando all’ospedale di Corleone dove lavorava. I colleghi gli avevano detto di non avventurarsi per strada perché c’era in corso un forte temporale, ma lui aveva tentato comunque di recarsi sul posto di lavoro e se ne erano perse le tracce per giorni. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato in un vigneto dopo cinque giorni di ricerche serrate. Oggi, portare a spalla il feretro fuori dalla chiesa sono stati gli uomini del soccorso alpino e speleologico. Centinaia di persone hanno voluto prendere parte alla funzione religiosa, celebrata dall’Arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice, nella chiesa Mater Ecclesiae di Palermo.
Oltre alla moglie Floriana, ai familiari, agli amici, ai colleghi dell’ospedale dei bambini di Palermo dove Liotta lavorava fino a nove mesi fa, ai funerali hanno preso parte anche autorità, politici e rappresentati delle Istituzioni, tra i quali il prefetto di Palermo Antonella De Miro, il sindaco Leoluca Orlando, l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, il presidente dell’ordine dei medici di Palermo Toti Amato, l’ex direttore sanitario dell’Ospedale dei bambini, oggi parlamentare, Giorgio Trizzino, collega e amico di Liotta.
“Non è facile essere qui. Non mi sento di aggiungere nulla alle parole d’amore raccolte per Giuseppe. Nel ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato, vorrei avere per tutti una carezza: per le forze dell’ordine, per volontari, per l’unità di crisi e per tutti coloro che si sono stretti a noi in questa ricerca“. Ha detto Floriana Di Marco, moglie di Liotta. “Il messaggio positivo è che non siamo mai stati soli. Questo abbraccio non lo dimenticherò mai. Ho visto in questi giorni – ha detto leggendo una lettera in una chiesa gremita – quanti uomini fantastici ci sono stati vicini, e mio marito era uno di loro. Giuseppe non è un eroe che ha messo a repentaglio la vita per i suoi piccoli pazienti, perché i primi piccoli pazienti erano a casa. Se di eroismo dovremmo parlare, dovremmo celebrare tutti i lavoratori che quella notte erano al lavoro”. “Per Giuseppe il motore del suo agire era fatto da forte senso di etica cristiana – ha detto ancora – Ringrazio le istituzioni che si sono fatte presenti. Ho incontrato una pia donna, il prefetto di Palermo, che è stata come una madre per me, il sindaco di Palermo e la città di Corleone. Ringrazio l’arma dei carabinieri, sono stati degli eroi. Sono nipote di un carabiniere ucciso nel gennaio 1947, per me è stato come ricevere l’amore di un nonno, conosciuto solo dai ricordi di mia nonna“.