Piccoli organismi marini originari delle Galapagos, ma anche mini crostacei giapponesi e plancton originario del sud-est asiatico. Sono alcune delle specie “aliene” individuate nel golfo della Spezia nell’ambito di un progetto di monitoraggio condotto da un team di ricercatori di ENEA, Università di Pavia e Smithsonian Environmental Research Center (SERC).
Per individuare queste specie i ricercatori hanno posizionato 50 pannelli in PVC (14 x 14 cm) a 1 metro sotto il livello del mare per favorirne la colonizzazione da parte di organismi marini incrostanti. Dopo tre mesi i pannelli sono stati sottoposti ad analisi biologiche nel Centro Ricerche Ambiente Marino dell’ENEA di Santa Teresa sul golfo della Spezia.
“Ogni pannello è stato colonizzato da un’abbondante comunità di specie native e non, alcune ancora mai segnalate nel golfo della Spezia, come ad esempio la specie di briozoo Watersipora arcuata, proveniente dall’Oceano Pacifico”, racconta Agnese Marchini del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia. “Le specie aliene, in continuo aumento nel Mediterraneo, alterano le comunità e gli ecosistemi marini e rappresentano una minaccia per la biodiversità”, aggiunge Marchini.
Effettuati per la prima volta nel Mediterraneo su modelli ventennali statunitensi, questi test hanno permesso in tre mesi anche di acquisire informazioni sui “percorsi” di introduzione più seguiti dalle specie invasive e sui siti più suscettibili alle invasioni biologiche.
“La posizione strategica del centro ENEA sulla baia di Santa Teresa ha permesso di trasportare rapidamente i pannelli con gli organismi vivi e di effettuare le analisi dei campioni al microscopio”, sottolinea Chiara Lombardi del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali ENEA. “La presenza di un importante porto commerciale e di numerose marine turistiche fanno del golfo della Spezia un’area molto interessante per questo tipo di studi, in quanto presenta diversi siti considerati ad alto rischio di introduzione di specie non native”, aggiunge Lombardi.
“Siamo riusciti a dimostrare che questo protocollo ideato per ambienti costieri oceanici è applicabile come standard internazionale anche in un contesto mediterraneo e renderà possibile confrontare dati provenienti da diverse parti del mondo monitorando nel tempo diversità e abbondanza di specie marine non-indigene in siti ad alto rischio di introduzione, come porti, marine turistiche e impianti di mitilicoltura”, evidenzia Michele Repetto del SERC.
Per caratterizzare con maggiore precisione i siti del golfo della Spezia più soggetti a rischio di “invasioni” biologiche, nei prossimi mesi i ricercatori eseguiranno ulteriori analisi sui campioni raccolti. I risultati, attesi per il 2019, costituiranno il primo passo per la creazione di una serie storica utile per la comprensione e lo studio di questi fenomeni nel Mediterraneo.