Si porta dietro una scia di particelle di elio che, a causa delle radiazioni ultraviolette della sua stella di riferimento, fuggono dal suo campo gravitazionale: la coda, simile ad una cometa, appartiene a Wasp-69b, un esopianeta gassoso dalla stazza extra large. La scoperta di questa singolare caratteristica si deve ad un team internazionale di studiosi, coordinato dall’Istituto di Astrofisica delle Canarie (Iac), e i risultati dell’indagine sono stati appena pubblicati su Science (articolo: “Ground-based detection of an extended helium atmosphere in the Saturn-mass exoplanet WASP-69b”). Per analizzare l’atmosfera del gigante gassoso – spiega Global Science – il gruppo di lavoro si è avvalso dello strumento Carmenes, installato sul telescopio dell’osservatorio spagnolo di Calar Alto. Si tratta di un dispositivo che consta di due spettrografi e che è stato sviluppato da un consorzio di istituzioni di ricerca tedesche e spagnole, tra cui lo Iac, proprio per andare alla ricerca di pianeti extrasolari.
Grazie a Carmenes, gli astronomi hanno potuto analizzare la composizione dell’atmosfera di Wasp-69b, rilevare la velocità delle particelle di elio in fuga e misurare la lunghezza della coda costituita da questo gas; nella foto in alto, un’immagine del corpo celeste tratta dalla simulazione realizzata dallo Iac (Gabriel Perez Diaz, Smm – Iac). Le osservazioni sono state effettuate durante un transito del pianeta davanti alla sua stella e hanno messo in evidenza un affievolimento di lunga durata del bagliore stellare, in una regione dello spettro in cui l’elio assorbe la luce. Gli autori dell’articolo, inoltre, hanno analizzato altri quattro esopianeti in maniera simile: i giovani caldi Hd 189733b e Hd 209458b, il gigante rovente Kelt-9b e il nettuniano Gj 436b. Nell’atmosfera degli ultimi tre l’elio non è presente, a differenza di quanto ritenuto in base a precedenti simulazioni; invece, Hd 189733b mostra chiaramente la firma di tale gas, che in questo caso risulta più compatto e non dà luogo a scie.
Inoltre, il team ha studiato la stella ospite di ciascun esopianeta, basandosi sui dati della missione Xmm-Newton dell’Esa. Dall’analisi emerge che l’elio si trova nell’atmosfera di quei pianeti che sono particolarmente inondati da raggi X e radiazioni ultraviolette provenienti dai loro astri; secondo i ricercatori, questo fattore è di fondamentale importanza per comprendere come l’atmosfera di tali oggetti celesti si evolva nel tempo e possa influire sulla loro massa. Quindi, una radiazione extra strong da parte della stella ospite può portare via l’involucro gassoso degli esopianeti giganti, che, nel corso dei millenni, si possono trasformare in corpi rocciosi con densità simili alla Terra o a Venere. Questa nuova linea di ricerca, secondo il gruppo di lavoro, potrà rivelarsi utile per caratterizzare le atmosfere di questi particolari oggetti celesti e rispondere ad interrogativi ancora aperti, come quelli relativi a pianeti con periodi orbitali brevissimi che potrebbero essere i nuclei di antichi corpi giganti privati del gas.