Basta allontanarsi dalle città ed attraversare la campagna siciliana ed italiana che ci si rende conto di come sono disastrate le nostre strade provinciali, le colline, i pendii, il territorio. Il rischio idrogeologico è una spada di Damocle che puntualmente cade sul territorio durante i nubifragi. Il clima, specialmente in Italia si sta tropicalizzando, e la portata dei rovesci piovosi è destinata ad aumentare, con episodi sempre più frequenti. Vivendo in città poco si sa, poco si nota. Sull’88% dei Comuni italiani incombe il rischio frana, nonché su 34.000 siti d’interesse storico archeologico, ossia il 18% del nostro del nostro patrimonio culturale. I nostri territori sono tappezzati di impianti fotovoltaici ed eolici che servono solo al privato che ha investito per ricavarne un guadagno personale, e parte di questo investimento lo paghiamo in bolletta ogni bimestre oltre all’energia che consumiamo. Senza togliere nulla a chi ha investito fino ad ora, cambiare radicalmente modo di sfruttare l’energia pulita si può.
E’ giunto il momento in cui la tecnologia ci permette di dare una forte discontinuità alla politica economica del Paese. Potrebbe aver inizio un nuovo concetto di sviluppo: reinvestire completamente i profitti dall’estrazione di energia dalle correnti dello Stretto di Messina, cascate e corsi d’acqua in lavori pubblici sostenibili e abbassare le tasse.
Perché puntare soprattutto sullo Stretto di Messina? Perché è il sito più interessante del Mediterraneo per lo sfruttamento di questo tipo energia rinnovabile, l’unico non ancora sfruttato. Le correnti, infatti, in questo canale sono caratterizzate al largo di Ganzirri da una velocità di 3 m/s. Sarebbe possibile persino scegliere di finanziare la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina vendendo l’energia che “scorre” sotto la campata, tutto in un unico cantiere che si autofinanzia.
E’ una questione soprattutto politico istituzionale. È pianificazione territoriale. E’ sostenibilità. E’ necessario un tavolo di concertazione fra i Ministeri interessati (penso a Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Sviluppo Economico; Politiche Agricole Alimentari e Forestali; Lavori Pubblici) e L’Europa, che consenta di creare un protocollo che dia la possibilità di sfruttare a beneficio della collettività l’energia estraibile dalle acque, ed impedire che anche questa volta i progetti siano a solo beneficio del singolo privato investitore (come accade oggi con il fotovoltaico ed eolico).
E’ necessario e possibile forzare un cambio di paradigma: creazione di una specifica Autorità istituzionale anche in Europa, che possa approvare, attivare e supervisionare una “grid” (una rete di produzione d’energia) di grandi e piccoli progetti sotto un’unica regia di sfruttamento della “risorsa dal territorio per il territorio” che (anche con la presenza di una quota d’investimento del privato come ulteriore organo di controllo sui progetti) sia puntualmente in grado di certificare in un bilancio pubblico e trasparente un immediato reinvestimento delle risorse in progetti eco-sostenibili. Sarebbe possibile altresì allacciare alla grid gli impianti eolici e fotovoltaici sequestrati alle mafie, come il Parco Eolico da 1,5 miliardi di euro sequestrato nel 2012 in Sicilia, o i quasi 4 mW di fotovoltaico recentemente sequestrati in Puglia. Una grid che possa cresce “a cascata” donando allo Stato ricavi da investire esclusivamente per il territorio. La Regione, lo Stato e persino l’Europa potrebbero godere, così, senza limiti nel tempo di ricavi da reinvestire sul territorio, e creare il viatico più naturale per ridurre le tasse e rendere concreta la Sostenibilità che i nuovi protocolli ambientali ci impongono.
CONDIZIONI E ASPETTATIVE TECNOLOGICHE
L’energia marina non è una fonte del tutto inedita nello scenario delle energie rinnovabili, e le tecniche per ricavare energia dal mare sono in continuo sviluppo. Il mare offre energia o come forza motrice o attraverso tecnologie che sfruttano il suo potenziale chimico o termico. Una corretta classificazione distingue l’energia ricavabile dal mare in sei distinte sorgenti: le correnti marine, le correnti di marea, le maree, il moto ondoso, i gradienti di temperatura e salinità. Ognuna di queste fonti richiede una specifica tecnologia per la conversione in energia elettrica.
Benché la valutazione circostanziata della risorsa energetica marina sia ancora in una fase pregiudiziale, le prime stime a livello planetario indicano che il potenziale energetico teorico del mare, nelle sue diverse forme, supera di largamente l’attuale fabbisogno energetico dell’intera popolazione mondiale.
Fra le sei tecnologie di estrazione dell’energia dal mare visibilmente più interessanti per il Mediterraneo si sono rivelate le correnti di marea e il moto ondoso.
CORRENTI DI MAREA
Le correnti di marea, di intensità adeguate per essere convertite in energia elettrica, sono individuate in poche regioni della superficie terrestre. In Europa, il potenziale energetico delle correnti di marea è limitato a pochi Paesi: Scozia, Malta, Grecia, Francia e Italia. In Italia le regioni più attraenti in termini di correnti di marea sono lo Stretto di Messina, la Laguna di Venezia, il Canale di Sicilia e le Bocche di Bonifacio in Sardegna. Tra queste regioni la più energetica è lo Stretto di Messina. Ad oggi non esistono stime dettagliate del potenziale energetico delle correnti di marea nello stretto di Messina, tuttavia, una valutazione di massima dell’energia effettiva annua, basata sui pochi dati correntometrici a disposizione, ha stabilito come valore energetico minimo estraibile 5200 kWh/mq1. Supponendo di adottare un sistema di conversione a pale rotanti dalla superficie frontale di 150 mq, e considerando di utilizzare un impianto il cui rendimento globale è del 25%, si può valutare che l’energia prodotta annualmente sarà di circa 200 MWh, quantità sufficiente per ottenere il riconoscimento di un Certificato Verde per l’impianto, e in grado di rendere centinaia di milioni di euro l’anno.
dati ENEA1
CONVERTITORI DI ENERGIA
In Italia sono stati implementati diversi dispositivi di conversione delle correnti di marea particolarmente promettenti. Tra questi, quelli che potrebbero trovare una concreta applicazione nei mari italiani sono le turbine KOBOLD (I & II), BLUETEC, e GEM. KOBOLD I è stata installata nello Stretto di Messina nella primavera del 2001. KOBOLD è costituito essenzialmente da una turbina marina ad asse verticale con pale diritte e parzialmente libere di oscillare brevettata nell’ambito del progetto ENERMAR dalla società Ponte di Archimede S.p.A., proprietaria del brevetto internazionale, e realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Progettazione Aeronautica (DPA) dell’Università “Federico II” di Napoli. L’impianto ENERMAR è a mare dal 2001 ed è uno dei primi impianti per lo sfruttamento delle correnti marine in scala reale mai varati al mondo.
KOBOLD II è da considerarsi la normale evoluzione tecnologica della turbina KOBOLD I, poiché? è basata sulle esperienze acquisite progettando e gestendo l’impianto KOBOLD I di Messina. L’impianto sarà?installato sulla costa orientale dell’isola di Lombok (Indonesia), dove sono presenti correnti simili a quelle dello Stretto di Messina. Alla massima corrente di 3 m/s l’impianto sarà?capace di circa 150 kW e costerà?250.000 € a secco.
BLUETEC è un innovativo sistema di conversione delle correnti marine attraverso la realizzazione di un parco marino basato essenzialmente da turbine KOBOLD II. Il progetto BLUETEC è basato su turbine da 250 kW installate su un’unità galleggiante, appositamente progettata per sviluppare almeno 1 MW di potenza. L’impianto BLUETEC sarà installato in Scozia, nelle isole Orcadi.
GEM è un dispositivo frutto di un progetto di ricerca congiunto tra il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell’Università? Federico II di Napoli e il Parco Scientifico e Tecnologico del Molise. Anche il questo caso abbiamo turbina passiva ad asse orizzontale, ma con un particolare ancoraggio ad una catenaria, già battezzato “l’aquilone di mare”, da installare a circa 20 mt di profondità? e che consente di far assorbire al sistema 300 kW. La peculiarità? di questo prototipo è uno singolare tipo di diffusore che permette di raddoppiare la potenza prodotta a parità? di diametro della turbina. GEM è stato installato a Venezia (Malamocco) alla fine del 2011.
IL MOTO ONDOSO
Da una recente stima del potenziale energetico del moto ondoso presente lungo le coste italiane eseguita dall’ENEA (vedi Figura 2), è emerso che il mar Adriatico presenta un valore medio di circa 2 kW/m. Il mar Ionio, come il Tirreno medio possiedono livelli energetici lievemente superiori con una media di circa 3 kW/m di potenza ondosa. Il mar Tirreno inferiore ha un livello energetico medio di circa 4 kW/m. Un comportamento del tutto diverso è evidenziato per la costa nord occidentale della Sardegna, dove la stima raggiunge valori di potenza di circa 9 kW/m. La potenza media annuale è di 9.05 kW/m, che corrispondono a un valore di energia annua di 79.2 MWh/m. Alla luce di questi dati, è chiaro che quest’ordine di grandezze, sebbene non ai livelli delle costa oceanica dell’Europa, abbia spinto la progettazione e la sperimentazione, con risultati davvero confortanti.
CONVERTITORI DI ENERGIA DA MOTO ONDOSO
Per quanto riguarda il moto ondoso, tra i dispositivi di conversione dell’energia del moto ondoso dobbiamo distinguere fra i dispositivi off-shore e on-shore. Fra i primi il più interessante è ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) è un dispositivo galleggiante che utilizza gli effetti giroscopici per convertire l’energia (cinetica e potenziale) delle onde marine in energia elettrica. A differenza degli altri convertitori di energia da moto ondoso SWEC è stato concepito espressamente per l’utilizzo delle onde corte e poco potenti tipiche del Mediterraneo. In tali condizioni infatti il sistema ha il massimo della sua produttività?, in quanto la potenza convertibile da ISWEC è proporzionale al quadrato della frequenza dell’onda e quindi inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda. Ad ottobre del 2014 il primo convertitore ISWEC è stato posizionato a largo di Pantelleria e produrrà 240 mWh/anno.
Il dispositivo on-shore più? attrattivo invece è CETO. Il brevetto australiano, è un sistema che si distingue dagli altri per essere completamente sommerso, utilizzando una tecnologia di pompaggio che spinge liquido idraulico. Boe sommerse ancorate a fondali da 20-50 mt vengono spostate su e giù per le onde dell’oceano, pompando acqua di mare pressurizzata e consegnandola a terra da una condotta direttrice. Una volta a terra, l’acqua di mare ad alta pressione viene utilizzata per produrre acqua potabile tramite osmosi inversa e per azionare le turbine idroelettriche. Questa tecnologia risulterebbe particolarmente vantaggiosa in zone costerei come l’agrigentino in cui l’acqua potabile è scarsamente distribuita, o nelle isole minori dell’arcipelago siciliano sprovviste di sorgenti d’acqua dolce come di energia elettrica sufficiente, oltre che lungo la costa occidentale della Sardegna. Il primo grosso impianto da diversi mW è stato finanziato a Perth, in Australia, mentre in Irlanda è in fase di progettazione un impianto da 5 mW.
A Grid For The Nature – L’energia pulita di tutti per opere pubbliche eco-sostenibili, è un’idea di Michele Lo Monaco particolarmente meritevole di attenzioni.