Sanità: nuova condanna del Tribunale di Roma, Asl pagherà cure a bimbo con autismo

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Il vento sta cambiando a Roma per i genitori alle prese con il rebus delle terapie per l’autismo. Se l’Istituto superiore di sanità raccomanda l’utilizzo più precoce possibile del metodo Aba nel trattamento dei piccoli con disturbi dello spettro autistico, le Asl non hanno strutture pubbliche specializzate e finora ai genitori non restava che metter mano al portafogli. Ma una nuova speranza arriva dall’ordinanza del Tribunale civile di Roma pubblicata il 22 gennaio, che ha riconosciuto il diritto di un bambino di 3 anni e mezzo con autismo a ricevere le cure Aba pagate dal Servizio sanitario nazionale. Si tratta di una seconda vittoria per Daria Pietrocarlo e Alessandra Pillinini, legali che già nell’ottobre scorso avevano assistito con successo i genitori di un bambino di 5 anni affetto da disturbo generalizzato dello spettro autistico.
In questo secondo caso parliamo di un bimbo nato nel 2015, di 3 anni e mezzo – raccontano i legali all’AdnKronos Salute – Normalmente in Italia per avere una diagnosi le famiglie attendono a lungo, in questo caso invece la terapia sarà assicurata fin dalla tenera età: il giudice Mariaelena Falato ha rimandato a una struttura pubblica per determinare la durata della terapia Aba, prevedendo solo due requisiti: la diagnosi di autismo da parte della Asl e la prescrizione della terapia Aba da parte dell’azienda sanitaria o di una struttura pubblica“. L’acronimo sta per Applied Behaviour Analysis, cioè analisi del comportamento applicata: si tratta di una metodica di tipo cognitivo comportamentale.
La Asl Roma 2 “non ha strutture autorizzate ad erogare questo servizio, né personale certificato. Così i genitori sono stati costretti a rivolgersi a centri privati, spendendo finora circa 8.881 euro. Ora il Tribunale ha stabilito il diritto del bimbo a ricevere le terapie Aba da strutture pubbliche, accreditate o private in assenza delle precedenti, con una frequenza – continuano i legali – che sarà stabilita dagli specialisti della struttura pubblica che ha in carico il bambino, cioè il Policlinico Umberto I“. Non è stata accolta, invece, la richiesta di rimborso delle spese già sostenute.
C’è comunque grande soddisfazione per un pronunciamento che ridà speranza a tante famiglie – concludono Pietrocarlo e Pillinini – E una buona notizia arriva anche dal regolamento adottato dalla Regione Lazio che riconosce alle famiglie un contributo per le terapie Aba. Certo, la somma è limitata a 5 mila euro l’anno e i requisiti sono fin troppo stringenti. Ma si tratta comunque di un altro passo avanti per queste famiglie“.

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