Secondo gli autori di una sintesi di 73 studi pubblicata nella rivista Biological Conservation, stiamo assistendo “al più grande episodio d’estinzione” dopo quello dei dinosauri: oggi, circa un terzo delle specie di insetti è minacciata dall’estinzione. “E ogni anno si aggiunge circa l’1% alla lista. Entro 50 anni, non ne resterà che la metà ed entro 100 anni non ce ne saranno più”, hanno calcolato Francisco Sanchez-Bayo e Kris Wyckhuys, delle Università di Sydney e del Queensland.
Gli insetti, che formano i due terzi delle specie terrestri, spariscono ad un ritmo sostenuto. “La proporzione delle specie di insetti in declino (41%) è due volte più elevata di quelle vertebrate”, indicano i ricercatori. Ci si preoccupa più facilmente della sorte dei grandi animali che delle bestiole alate dalle zampe pelose che pungono e lasciano prurito. Invece sono “di un’importanza vitale per gli ecosistemi planetari”, insistono gli esperti, che ormai si aspettano una vera catastrofe. Tra i più colpiti, le farfalle e le falene della famiglia dei Lepidotteri, le api, le vespe, i calabroni e le formiche. Anche scarabei e coccinelle fanno parte delle specie più minacciate. Nemmeno gli insetti acquatici, come le libellule, vengono risparmiati.
Potremmo anche rallegrarci di non doverli più rimuovere dal parabrezza dell’auto o di poter mangiare in tranquillità all’aperto senza temere l’attacco di uno sciame di api voraci, ma con il crollo degli insetti è minacciata tutta la biodiversità. Se il ronzio degli insetti non ci mancherebbe di certo, potremmo dire la stesso cosa del canto degli uccelli? Secondo uno studio della fine del 2017, pubblicato su PLOS ONE, in meno di 30 anni l’Europa avrà perso circa il 76% dei suoi insetti, contribuendo a far sparire oltre 400 milioni di uccelli. Gli uccelli, ma anche ricci, lucertole, anfibi (come le rane), pesci, tutti si nutrono di insetti. Inoltre, le piante sono direttamente minacciate dalla scomparsa degli insetti impollinatori che ne facilitano la riproduzione. Secondo Greenpeace, il 75% della produzione mondiale di cibo dipende dalle api e da specie simili.
La diminuzione degli insetti risale all’inizio del XX secolo, ma si è accelerata negli anni 1950-60 per raggiungere “delle proporzioni allarmanti” negli ultimi 20 anni. Con l’urbanizzazione, la deforestazione, la conversione agricola, gli insetti perdono il loro habitat, scacciati dall’intensificazione delle pratiche agricole e soprattutto dal massiccio ricorso a pesticidi e a fertilizzanti sintetici. Sánchez-Bayo indica soprattutto le nuove classi di insetticidi, come i neonicotinoidi, che permangono nell’ambiente e che “sterilizzano il suolo”. A questo si aggiungono gli agenti patogeni (virus e parassiti), a cui alcune specie diventeranno meno resistenti, le specie invasive e i cambiamenti climatici, soprattutto nelle regioni tropicali.
Collassi nella popolazione di insetti sono stati recentemente riportati in Germania e a Porto Rico, ma lo studio indica che la crisi è globale. “Le tendenze sugli insetti confermano che il sesto grande evento di estinzione sta influendo profondamente sulle forme di vita del nostro pianeta. Se non cambieremo i nostri modi per produrre cibo, gli insetti nel loro insieme imboccheranno il percorso dell’estinzione entro pochi decenni. Le ripercussioni che questo avrà sugli ecosistemi del pianeta sono a dir poco catastrofiche”, concludono gli autori.