Secondo la rivista Nature, per la seconda volta da quando è scoppiata l’epidemia legata all’Hiv, il virus che causa l’Aids, un paziente sembrerebbe essere stato curato dall’infezione.
Il New York Times riporta che la ricerca sarà pubblicata oggi sulla rivista Nature e verrà presentata nel corso di una conferenza stampa a Seattle. Il nome del paziente resterà anonimo, viene indicato solo come “il paziente di Londra”.
E’ il secondo caso al mondo di guarigione dal virus dell’Hiv, anche se alcuni scienziati preferiscono parlare di “remissione” di lungo periodo. La ricerca potrebbe rappresentare una svolta nella cura dell’Aids.
Il primo paziente al mondo guarito era stato segnalato 12 anni fa: entrambi sono stati curati con trapianti di midollo utilizzati per la cura del cancro.
Finora, ricordano i ricercatori su ‘Nature’, c’è stato solo un caso documentato di un paziente curato dall’Hiv dopo aver ricevuto un trapianto di cellule staminali ematopoietiche da un donatore con due copie della mutazione ?32 di CCR5. In effetti CCR5 è un co-recettore per l’infezione da Hiv-1 e i portatori omozigoti di questa mutazione sono resistenti alle infezioni da virus Hiv-1 con questo co-recettore. Il celebre precedente, noto in tutto il mondo come “il paziente di Berlino“, si è verificato oltre 10 anni fa, ma il trattamento per arrivare a questo risultato era stato molto aggressivo e l’approccio non era stato ripetuto con successo. Fino ad ora.
Ravindra Gupta e i suoi colleghi hanno dimostrato l’efficacia di una forma meno aggressiva di trattamento in un uomo con Hiv-1 a cui era stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin avanzato nel 2012. Per trattare il tumore, il paziente ha ricevuto un trapianto di cellule staminali ematopoietiche da un donatore con due copie dell’allele CCR5 ?32. L’uomo ha avuto solo una lieve reazione al trapianto di cellule staminali. I ricercatori spiegano che, in seguito a questo trattamento, il paziente è diventato omozigote per CCR5 ?32, e la terapia antiretrovirale è stata interrotta dopo 16 mesi. Dopo aver effettuato una serie di analisi, gli autori hanno potuto confermare che l’Rna dell’Hiv-1 non era rilevabile. Il paziente è rimasto in remissione per altri 18 mesi.
I risultati dimostrano che il “paziente di Berlino” non era un’anomalia, e forniscono ulteriore supporto allo sviluppo di approcci mirati al co-recettore CCR5 come strategia per raggiungere la remissione dell’Hiv.
“Penso che questo cambi un po’ le cose“, ha spiegato Gupta. “Tutti credevano, dopo il paziente di Berlino (il primo a ottenere questo risultato, ndr), che fosse quasi necessario morire per curare l’Hiv, ma ora forse non occorre“. “Sento un senso di responsabilità per aiutare i medici a capire come tutto questo sia accaduto, per poter far progredire la scienza“, ha scritto l’uomo in una email al ‘New York Times’. Capire di aver sconfitto il tumore e l’infezione da Hiv in un colpo è stato “surreale“. “Non avrei mai pensato che poteva esserci una cura durante la mia vita“, ha concluso. Avendo ottenuto “la remissione in un secondo paziente utilizzando un approccio simile, abbiamo dimostrato che il paziente di Berlino non era un’anomalia e che sono stati proprio i trattamenti ad aver eliminato l’Hiv in queste due persone“, ha affermato Gupta. “Continuando la nostra ricerca, dobbiamo capire se possiamo mettere fuori uso questo recettore nelle persone con Hiv, il che potrebbe essere possibile con la terapia genica“.
Il trattamento impiegato per il paziente di Londra “è diverso da quello usato per il paziente di Berlino, perché non prevedeva la radioterapia: la sua efficacia sottolinea l’importanza di sviluppare nuove strategie basate sulla prevenzione dell’espressione di CCR5“, ha precisato il co-autore Ian Gabriel dell’Imperial College Healthcare Nhs Trust.
“Se è troppo presto per dire con certezza che il nostro paziente è ora guarito dall’Hiv, e i medici continueranno a monitorare le sue condizioni, l’apparente successo del trapianto di cellule staminali ematopoietiche offre una speranza nella ricerca di una cura tanto attesa per l’Hiv/Aids“, ha concluso Eduardo Olavarria dell’Imperial College Healthcare Nhs Trust.