Tumore della prostata: darolutamide riduce del 59% il rischio di metastasi

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Un nuovo antiandrogeno non steroideo, darolutamide, ha ridotto del 59% il rischio di metastasi o morte in pazienti colpiti da carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico (nmCRPC). Lo dimostrano i risultati dello studio di fase III ARAMIS che hanno evidenziato un miglioramento della sopravvivenza libera da metastasi (MFS) con darolutamide associato a terapia di deprivazione androgenica (ADT) rispetto al placebo associato ad ADT. La sopravvivenza libera da metastasi mediana è stata di 40,4 mesi nel braccio darolutamide e di 18,4 mesi nel braccio placebo, con un miglioramento complessivo mediano di 22 mesi.

È stato osservato anche un trend positivo nella sopravvivenza globale (OS) e in tutti gli altri endpoint secondari è stato evidenziato un beneficio in favore di darolutamide. È importante sottolineare che l’incidenza di eventi avversi (AE) associati al trattamento con frequenza pari o superiore al 5% o di grado 3–5 è risultata paragonabile tra il braccio darolutamide e il braccio placebo; soltanto la fatigue è stata riscontrata in più del 10% dei pazienti. Gli esiti in termini di qualità della vita sono risultati simili tra i gruppi di trattamento.

Questi dati sono stati presentati al congresso internazionale sui tumori genitourinari (American Society of Clinical Oncology Genitourinary Cancers Symposium, ASCO GU) che si è svolto recentemente a San Francisco e contemporaneamente sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.

Oltre a un beneficio in termini di MFS, nei pazienti affetti da carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico, che sono nella maggior parte asintomatici, è fondamentale avere a disposizione farmaci con un profilo di sicurezza favorevole, perchè le decisioni terapeutiche possono influire sul loro benessere generale, sulla prognosi e sull’aderenza al trattamento, nonché sulle possibili interazioni con gli altri medicinali generalmente utilizzati in questa popolazione di pazienti. Questi dati sono entusiasmanti per la comunità di pazienti affetti da carcinoma prostatico; non dimostrano soltanto la notevole efficacia di darolutamide nel prevenire la diffusione del carcinoma prostatico, ma anche il suo profilo di tollerabilità favorevole che, in seguito all’approvazione, potrebbe consentire ai pazienti di proseguire la propria vita quotidiana senza incorrere in alcun peggioramento della qualità di vita“, ha dichiarato Karim Fizazi, M.D., Ph.D., Professore di Medicina presso l’Institut Gustave Roussy, Università di Paris Sud (Francia).

Sebbene negli ultimi anni siano state sviluppate numerose nuove opzioni terapeutiche nell’ambito del carcinoma prostatico, ci sono ancora dei bisogni non soddisfatti, in particolare per quanto riguarda la necessità di fornire ai pazienti trattamenti efficaci e al tempo stesso caratterizzati da un profilo di sicurezza che non comporti un peggioramento della loro qualità di vita” ha dichiarato Scott Z. Fields, M.D., Vice President senior e Responsabile dello Sviluppo oncologico nella Divisione Pharmaceuticals di Bayer. “Bayer sta lavorando con impegno per riuscire a offrire trattamenti innovativi, con un buon profilo di efficacia e tollerabilità”.

Bayer, che prevede di discutere i dati dello studio ARAMIS con le autorità regolatorie, ha ricevuto dall’ente regolatorio statunitense (Food and Drug Administration, FDA) la designazione “Fast Track” per darolutamide nei pazienti affetti da nmCRPC. Darolutamide viene sviluppato in maniera congiunta da Bayer e Orion Corporation, un’azienda farmaceutica finlandese operante su scala mondiale.

Risultati dettagliati dello studio
Il beneficio in termini di MFS osservato con darolutamide è risultato coerente in tutti i sottogruppi di pazienti. In un’analisi ad interim della sopravvivenza globale, darolutamide ha evidenziato un trend positivo, con una riduzione del 29% del rischio di morte.
Inoltre, darolutamide associato ad ADT ha dimostrato un beneficio significativo rispetto a placebo e ADT in termini di tempo alla progressione del dolore (40,3 mesi rispetto a 25,4 mesi) e di tempo alla chemioterapia citotossica (mediana non raggiunta rispetto a 38,2 mesi). Anche un altro endpoint secondario, il tempo al primo evento scheletrico sintomatico (SSE), ha evidenziato un beneficio in favore di darolutamide (mediana non raggiunta). Darolutamide ha prolungato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) (36,8 mesi rispetto a 14,8 mesi), con una riduzione del 62% del rischio di progressione locale, metastasi a distanza o morte.
L’incidenza di eventi avversi (AE) correlati al trattamento è risultata simile tra darolutamide e placebo; la maggior parte degli AE è stata di grado 1 e 2 (55% con darolutamide e ADT vs 54% con placebo e ADT). Rispetto al placebo associato ad ADT, darolutamide associato ad ADT non ha evidenziato un aumento delle percentuali dei principali AE, inclusi, ad esempio, convulsioni, cadute, fratture, rash cutaneo, disturbi cognitivi, deficit neurologici o ipertensione. I pazienti con un’anamnesi positiva per convulsioni sono stati inclusi nello studio.
I risultati degli endpoint basati sui patient reported outcome (PRO) (basati sui questionari Functional Assessment of Cancer Therapy-Prostate – FACT-P, European Organisation for Research and Treatment of Cancer quality of life – EORTC-QLQ-PR25 e EQ-5D-3L) hanno evidenziato un mantenimento della qualità della vita (HRQoL), con una tendenza positiva in favore di darolutamide rispetto al placebo.

Studio ARAMIS
Lo studio ARAMIS è uno studio di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, disegnato per valutare sicurezza e efficacia di darolutamide per via orale in pazienti affetti da nmCRPC in fase di trattamento con ADT come terapia standard, e ad alto rischio di sviluppare malattia metastatica. 1.509 pazienti sono stati randomizzati in rapporto 2:1 a ricevere 600 mg di darolutamide due volte al giorno o placebo in associazione ad ADT.
L’endpoint primario di questo studio è la MFS, definita come il tempo intercorso tra la randomizzazione e il riscontro di metastasi o la morte. Gli endpoint secondari di questo studio sono sopravvivenza globale, tempo alla progressione del dolore, tempo all’inizio della prima chemioterapia citotossica, tempo al primo SSE e caratterizzazione della sicurezza e della tollerabilità di darolutamide.

Informazioni sul carcinoma prostatico resistente alla castrazione (CRPC)

Il carcinoma prostatico è il secondo tumore più diagnosticato nella popolazione maschile in tutto il mondo. Si stima che nel 2018, nel mondo, 1,2 milioni di uomini abbiano ricevuto una diagnosi di carcinoma prostatico e circa 358.000 siano deceduti a causa di questa patologia. Il carcinoma prostatico rappresenta la quinta causa di decesso per tumore negli uomini. Il carcinoma prostatico deriva dalla proliferazione anomala delle cellule all’interno della ghiandola prostatica, una parte dell’apparato riproduttivo maschile. Interessa prevalentemente gli uomini di età superiore a 50 anni e il rischio aumenta con l’avanzare dell’età. Le opzioni terapeutiche variano dalla chirurgia alla radioterapia fino alla terapia con antagonisti dei recettori ormonali, ossia sostanze che bloccano la produzione di testosterone o ne inibiscono l’effetto nella sede target. Tuttavia, in quasi tutti i casi, alla fine il tumore diventa resistente alla terapia ormonale tradizionale.
Il CRPC è una forma avanzata della patologia in cui il tumore continua a progredire anche in seguito alla riduzione della quantità di testosterone a livelli molto bassi nell’organismo. Le opzioni terapeutiche per i pazienti resistenti alla castrazione sono in rapida evoluzione ma, fino a poco tempo fa, non vi erano armi per i pazienti affetti da CRPC che presentavano un aumento dei livelli di antigene prostatico specifico (PSA) durante l’ADT e nessuna metastasi rilevabile. Negli uomini affetti da nmCRPC progressivo, un breve tempo di raddoppiamento del PSA è stato associato in maniera significativa a una riduzione del tempo alla comparsa della prima metastasi e alla morte.

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