L’ultima intervista all’alpinista Daniele Nardi: “Se non dovessi tornare ecco cosa deve sapere mio figlio”

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Mi piacerebbe essere ricordato come un ragazzo che ha provato a fare una cosa incredibile, impossibile, che però non si è arreso. E se non dovessi tornare vorrei che il messaggio che arrivasse a mio figlio fosse questo: non fermarti, non arrenderti, datti da fare perché il mondo ha bisogno di persone migliori che facciano sì che la pace sia una realtà e non soltanto un’idea e vale la pena farlo“.

Queste le parole di Daniele Nardi, l’alpinista disperso insieme a Tom Ballard da due settimane sul Nanga Parbat, nella sua ultima intervista rilasciata a “Le Iene” il 14 Ottobre 2018.
Alla domanda “come vorresti essere ricordato se non dovessi tornare”, traspariva tutta la voglia di vita dell’alpinista, “Non sto provando a suicidarmi” le sue parole. Ed aggiunge “Io cerco la vita, però sotto certi punti di vista un po’ folle lo sono“,”Vado a cercare di aprire una via nuova in inverno su una montagna di 8mila metri – aggiunge – Passerò da una parte dove non è mai passato nessuno e lo farò d’inverno perché è la condizione più difficile“, “Io l’ho scalata d’estate nel 2008, ci ho provato quattro volte in inverno ma non mi è mai riuscito, questa è la quinta insomma spero che cose vadano bene“.

Daniele Nardi raccolta fondiSuccessivamente alla domanda sul perché una persona scelga di fare una cosa del genere Nardi risponde: “Questo per me fa parte di una promessa che mi sono fatto da bambino, quando ho deciso di fare l’alpinista, ho scelto di lasciare un segno sulla storia dell’alpinismo, per farlo dovevo fare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima“.

Il Nanga Parbat spiega Nardi “è una montagna che è conosciuta come una montagna assassina, uno su quattro di scalatori che raggiungeva la vetta non tornava a casa“.
Nardi non aveva scelto la via più facile per arrivare alla vetta, infatti ha scelto di passare per lo Sperone Mammeri motivando la sua scelta “è la via più diretta alla vetta, la più elegante, la più bella ma anche la più pericolosa“.
Ho scelto quella perché quando vedi la montagna da quella valle è a forma di imbuto“, e continuando “è una super diretta alla vetta del Nanga Parbat, in salita non l’ha mai scalata nessuno” e conclude “Ci fu una discesa nel 1970 di Reinhold e Ghunter Messner quando purtroppo il fratello di Messner morì“.

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