“Il mare ci parla. Bisognava ascoltare le sue parole affinché non si arrivasse a questo punto”. E’ quasi un grido di disperazione quello che si leva dai pescatori pugliesi. A parlare è Mauro Lo Popolo, un ex pescatore di Bisceglie, ma a pensarla come lui sono in tanti. Rocco Cazzato, di Tricase, pescatore da 5 generazioni, racconta che “50 anni fa erano sufficienti 200 metri di pesca per guadagnarsi la giornata, oggi 2 chilometri non bastano”. Secondo Leonardo Lo Popolo, anche lui pescatore, “le grandi tecnologie da una parte ci aiutano ma dall’altra distruggono il mare. Prendiamo i pesci sotto misura e non questo va bene perché il mare non lo facciamo mai riposare”.
Le voci dei pescatori pugliesi che raccontano l’impoverimento del mare Adriatico fanno da sottofondo alla Global Seafood Expo, la più grande fiera al mondo di prodotti ittici, che si terrà a Bruxelles tra il 7 e il 9 maggio. E’ qui infatti, nel Padiglione Italia, che saranno proiettati alcuni estratti del documentario “Anche i pesci piangono”, realizzato da MedReAct e dall’Adriatic Recovery Project, proprio nelle marinerie del Salento. Il documentario raccoglie l’appello di pescatori, ricercatori e rappresentanti di aree protette, e le loro soluzioni per la salvaguardia di uno dei mari più sfruttati del Mediterraneo.
La ricetta per contrastare lo svuotamento dei mari, ci sarebbe: aree di restrizione alla pesca, dove i pesci possono riprodursi e crescere per ripopolarsi. Una misura già sperimentata in Adriatico, nella Fossa di Pomo, tra Italia e Croazia e che, a detta degli stessi pescatori ha portato un sensibile aumento delle catture di nasello nelle aree limitrofe.
Secondo Domitilla Senni di MedReAct, “anche se a breve termine questa può sembrare una misura contraria agli interessi della pesca, a medio e lungo termine rappresenta una mano santa per l’ambiente e per l’economia perché il mare ha un alto potenziale di rigenerazione e può ripopolarsi. Le misure in atto nella Fossa di Pomo andrebbero replicate anche nel Canale di Otranto, dove si trovano importanti habitat per le specie ittiche nonché rare colonie di coralli e gorgonie, istituendo anche qui un’area di restrizione alla pesca come proposto da MedReAct al governo Italiano e alla Commissione Generale per la Pesca in Mediterraneo”.
Il documentario conferma che quella di MedReAct non è certo una richiesta isolata. “Quello che è stato fatto nella Fossa di Pomo dovrebbero farlo anche nel basso Adriatico”, dichiara Mauro Lo Popolo. Una piccola dimostrazione di quanto questo sia vero è data dai risultati ottenuti nel Parco regionale delle Dune Costiere, dove, in collaborazione con i pescatori, si lavora, con ottimi risultati, per ripristinare l’attività di pesca come era 100 anni fa. “Una pesca sostenibile – spiega Gianfranco Ciola, direttore del Parco – fondata soprattutto su quello che le risorse naturali sono in grado di dare. Né più e né meno. Perché non possiamo prelevare più di ciò chela natura produce”. “Se non ci fossero le aree marine protette – dice Felice Caccetta, pescatore nell’Area Marina Protetta di Torre Guaceto – noi potremmo anche smettere di fare i pescatori”.