Un piano inclinato, una superficie e delle minuscole palline che vi scivolano sopra in modo imprevisto, come seguendo dei solchi invisibili, veri e propri ‘binari energetici’ che si creano grazie alla particolarità del contatto tra le due superfici. Laggiù nel micromondo, lì dove le dimensioni raggiungono il milionesimo di metro, in specifiche condizioni possono accadere cose assai interessanti, le cui applicazioni pratiche potrebbero espandersi fino al campo delle nanotecnologie. A raccontarlo è un nuovo studio pubblicato su Nature Physics, svolto nella sua parte teorica dalla Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste (Sissa), l’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom) e l’Università di Milano. Le osservazioni sperimentali sono state svolte invece dall’Università di Costanza.
Tra teoria ed esperimento, ecco perché si muovono così
Proprio dall’Università di Costanza sono nati i primi interrogativi, legati al movimento inaspettato, sperimentalmente registrato, di isolette piatte formate da particelle di 4-5 micron di diametro su una particolare superficie microstrutturata. La singolarità del fenomeno, e lo stupore dei ricercatori, ha richiesto l’intervento degli scienziati delle tre istituzioni italiane. Insieme hanno elaborato un modello teorico che potesse spiegare quel fenomeno. Racconta Andrea Vanossi del Cnr-Iom: “Il modello così elaborato, poi convalidato sperimentalmente, ha dimostrato che è il modo con cui le particelle che formano queste isolette si ‘incastrano’ con la superficie, in un pattern periodico della zona di contatto, a definire il movimento delle particelle, facendo così emergere degli invisibili binari energetici che si formano all’interfaccia tra le due strutture. Grazie a questo pattern di incastro, chiamato ‘pattern di Moiré’, e alla sua ripetizione periodica, la particella può muoversi nella direzione più conveniente seguendo una traiettoria specifica che noi a questo punto possiamo prevedere indipendentemente dai dettagli specifici dei materiali e di come questi interagiscono”.
Possibili applicazioni nelle nanotecnologie
Questo risultato, oltre a far ulteriore luce sull’affascinante funzionamento dell’attrito microscopico, ha anche possibili ricadute applicative. “In generale se possiamo prevedere la traiettoria del movimento di oggetti molto piccoli, possiamo pensare di agire sulla loro dinamica operando sulla geometria del contatto”, spiega Emanuele Panizon, che ha lavorato al progetto con la Sissa. “Potremmo quindi costruire oggetti facendoli muovere in una specifica direzione senza dover imprimere loro un controllo. Inoltre, se nel nostro caso, era la gravità a dare l’energia, la generalità del nostro modello fa sperare che tutto ciò possa essere utile anche a scale molto più piccole di quelle viste sperimentalmente, in cui sono in campo altri tipi di forza. Per esempio, per far muovere in direzioni preferenziali su superfici nuove macchine molecolari con impieghi nanotecnologici di trasporto e posizionamento su scala atomica”.
La ricerca è stata in parte finanziata dal progetto Erc intitolato ‘Modphysfric’ del Prof. Erio Tosatti della Sissa.