Un’equilibrata rigidità dei tessuti è uno degli elementi necessari al corretto funzionamento degli organi. Tuttavia è stato osservato che questa condizione è spesso compromessa in diverse patologie. Ad esempio i tumori solidi sono più rigidi dei tessuti normali, caratteristica che contribuisce alla loro crescita e caratterizzazione maligna, suggerendo un legame fra la tensione dei tessuti e la formazione delle masse tumorali.
Allo stesso modo altre patologie, come la fibrosi, sono caratterizzate da tessuti infiammati o danneggiati che, rispetto a quelli normali, presentano un elevato grado di rigidità.
L’eccessiva e continua stimolazione meccanica delle cellule in condizioni di rigidità è capace di compromettere nel tempo il funzionamento di organi, come negli ultimi stadi di patologie del fegato, dei reni, dei polmoni e del cuore.
I meccanismi molecolari responsabili della rigidità dei tessuti non sono ancora chiari, ma è sempre più evidente l’importanza del metabolismo nella reazione delle nostre cellule a sollecitazioni di natura meccanica. Comprendere quali siano le molecole e i processi chiave coinvolti nella risposta agli stimoli meccanici potrebbe avere dunque importanti ricadute sullo sviluppo di strategie terapeutiche per gravi patologie come fibrosi e cancro.
Grazie ai risultati di uno studio sostenuto da AIRC, pubblicati recentemente sull’autorevole rivista scientifica Nature Communications, finanziato da AIRC, stanno emergendo interessanti informazioni sulla relazione causa-effetto che intercorre tra la rigidità cellulare e il metabolismo dei lipidi. Lo studio è stato coordinato dal Prof. Giannino Del Sal, docente all’Università di Trieste – dipartimento di Scienze della Vita, a capo dell’unità di Oncologia molecolare del LNCIB presso Area Science Park di Trieste e responsabile del programma “Segnalazione, microambiente tumorale e metabolismo cellulare” dell’IFOM.
I ricercatori hanno identificato SREBP1, una molecola nota per il ruolo chiave nella regolazione del metabolismo lipidico. SREBP1 sembra essere l’anello di congiunzione tra le forze meccaniche che premono sulle cellule e la loro capacità di reagire agli stimoli meccanici attraverso la regolazione della sintesi dei lipidi. “Abbiamo scoperto che questa proteina – afferma Giannino Del Sal – già nota per le sue capacità di controllo della biosintesi dei lipidi, si comporta anche come un vero e proprio sensore meccanico nella cellula”.
“La chiave dell’intero processo – prosegue Rebecca Bertolio, prima autrice dell’articolo e borsista sostenuta da Fondazione AIRC – sembra essere nella proteina AMPK, che funziona come sensore del livello energetico della cellula, e che a sua volta blocca l’attività di SREBP1 e la sintesi dei lipidi da questo controllata”.
Il gruppo condotto da Del Sal ha condotto gli esperimenti utilizzando vari metodi e modelli sperimentali, come un sistema gelatinoso tridimensionale nel quale la rigidità poteva essere controllata accuratamente, per scoprire se la durezza del tessuto potesse modulare SREBP1, la sintesi dei lipidi e il differenziamento di cellule staminali in adipociti.
I risultati sono stati ottenuti con esperimenti in cellule di epitelio mammario umano, di fegato e polmone e in studi con animali di laboratorio come il moscerino della frutta Drosophila melanogaster.
“Il differenziamento delle cellule staminali in adipociti è regolato attraverso il meccanismo che abbiamo scoperto; e gli stimoli meccanici tra cellule e ambiente extracellulare controllano anche fenomeni complessi come la crescita o la rigenerazione dei tessuti” precisa Giovanni Sorrentino, cofirmatario della ricerca con Del Sal e oggi ricercatore presso l’istituto di Bioingegneria dell’École polytechnique fédérale di Losanna (EPFL). “Comprendere a fondo questi meccanismi è fondamentale per controllare questi processi e sviluppare terapie adeguate per patologie come il cancro e la fibrosi”, conclude Del Sal.
I risultati di questa ricerca non sarebbero stati possibili senza il generoso sostegno della Fondazione AIRC.