Riunirsi in società è uno dei modi migliori per ottenere il meglio dalla vita per gli uomini ma i cosiddetti “seasteaders” non la pensano così. Questa frangia del movimento anarco-capitalista sostiene che le società cooperative di oggi si siano trasformate in sistemi politici monopolistici e costrittivi, che reprimono le libertà creative e l’innovazione con leggi eccessive, tasse e minacce di violenza. Ecco perché il loro obiettivo è quello di creare comunità sovrane indipendenti dove le imposte siano volontarie. Il vero problema è che tutta la massa continentale esistente appartiene già a stati istituiti. Quindi l’unica alternativa rimane il mare.
Creando minuscoli Paesi galleggianti, il loro obiettivo è quello di ricreare lo spirito dei movimenti originali “homesteading” che ritengono difendano la sovranità individuale. Il problema per tutti gli altri che non condividono questa stessa visione è che le motivazioni non sembrano molto sincere, anzi sembrano avere molto in comune con pirati o criminali il cui obiettivo principale è quello di mettere da parte il proprio patrimonio senza pagare la giusta quota di tasse.
Recentemente, il governo tailandese ha perso la pazienza con un gruppo di “seasteaders” che hanno installato una casa nelle acque considerate parte del territorio tailandese. Chad Elwartowski, che ha creato la sua fortuna come bitcoin trader, si era fatto costruire una casa da 250.000 dollari su una piattaforma galleggiante creata da Rüdiger Koch al largo di Phuket, ma per le autorità tailandesi era una minaccia alla sicurezza nazionale. In Thailandia, violare la sovranità nazionale comporta la pena di morte e davanti ad una simile prospettiva, Elwartowski ha tagliato la corda.
Koch, proprietario legale della casa nel mare, si è scusato con le autorità tailandesi per non aver comunicato adeguatamente le loro intenzioni sul progetto. Ha dichiarato di non avere idea che una casa in mare costruita per il turismo e la ricerca potesse essere percepita come una minaccia alla sicurezza, ma questa dichiarazione è alquanto bugiarda. Il Seasteading Institute cerca apertamente lo stato di sovranità indipendente per le sue strutture in modo che non possano essere tassate o influenzate da altre nazioni e questo non può che essere percepito come un rischio alla sicurezza per gli altri stati. Ma se nel mondo interconnesso di oggi anche il Regno Unito, potenza nucleare, fa fatica a tirarsi fuori dall’Unione Europea e creare il proprio regime fiscale e normativo senza creare un’enorme alterazione dell’ordine internazionale, come pensano di riuscirci i seasteaders?
In pratica, ci sono solo due modi con i quali un gruppo di individui ideologicamente motivati può sottrarsi al consenso internazionale su tasse e leggi, fa notare Izabella Kaminska (Financial Times). Possono cercare la protezione di uno stato che condivida i loro valori o dispiegare forze superiori per staccarsi e mantenere un territorio sovrano. I seasteaders potranno anche sostenere che i loro obiettivi sono pacifici, ma “fin quando rimarranno dipendenti dalle risorse di altri stati sovrani, saranno considerati ostili, a meno che non accettino di seguire la linea normativa stabilita”.