In Italia sono più di 3 milioni le persone con diabete di tipo 2, malattia subdola e inizialmente asintomatica. E’ una malattia cronica, invalidante, gravata da una costellazione di complicanze croniche e acute, che aumentano drammaticamente la morbilita’ e la mortalita’ nei diabetici rispetto alla popolazione senza la malattia. Oggi uè n’emergenza globale: si calcola che nel mondo i diabetici accertati siano circa 425 milioni (1 adulto su 11) e sono almeno 212 milioni le persone affette da diabete non diagnosticato. Le proiezioni sul 2045 dicono che il numero degli over 65 diabetici e’ destinato a raddoppiare, con pesanti ripercussioni socio-sanitarie e assistenziali.
“Nel diabetico il rischio di malattie cardiovascolari e’ triplicato, quello di insufficienza renale terminale e’ decuplicato, il rischio di amputazione aumenta fino a 20 volte – spiega Sandra di Marco, UOSD Diabetologia, Asur Marche -. Fortunatamente da alcuni anni disponiamo di nuove classi farmacologiche in grado di modificare la storia naturale della malattia attraverso una dimostrata azione di protezione cardio-renale, oltre ai benefici sul controllo glicemico, sul peso corporeo e sulla riduzione del rischio ipoglicemico. Si tratta in particolare dei farmaci ipoglicemizzanti noti come SGLT2-in e GLP-1 RA protagonisti di importanti studi clinici che hanno dato risultati sorprendenti sull’efficacia nella riduzione della mortalita’ cardiovascolare e la progressione della malattia renale cronica. Il paradigma terapeutico del diabete e’ radicalmente cambiato e le ultime linee guida propongono un approccio centrato sul paziente, personalizzato e soprattutto globale, vale a dire non limitato al controllo glicemico ma esteso a tutte le componenti del rischio cardiovascolare, per la prevenzione delle complicanze micro e macrovascolari e la riduzione della mortalita’, legate al diabete”.
“In Italia la prescrivibilita’ e rimborsabilita’ degli antidiabetici di nuova generazione e’ condizionata dalle normative AIFA – continua Carla Greco, Medico in formazione specialistica in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Universita’ di Modena e Reggio Emilia – e negli ultimi anni si sono susseguite diverse novita’ legislative relative ai trattamenti con questi farmaci che hanno superato alcune limitazioni. Al momento purtroppo rimangono ancora alcuni limiti soprattutto per le associazioni farmacologiche, pur in presenza di molte evidenze scientifiche. Ad esempio non e’ ancora rimborsabile l’associazione di DPP4-i e SGLT2-in che rientrerebbe nell’ottica di una precoce intensificazione terapeutica che permette di agire su differenti meccanismi patogenetici alla base del diabete. I DPP4-i favoriscono la secrezione insulinica ed inibiscono quella di glucagone in modo glucosio-dipendente, mentre gli SGLT2-in riducono la glicemia per effetto della riduzione della soglia di riassorbimento tubulare di glucosio. Proprio i distinti meccanismi d’azione delle due classi di farmaci, risultando complementari se non addirittura potenzialmente additivi, forniscono la base per un efficace uso combinato“.
“Un punto fondamentale di discussione, considerate le stime di prevalenza del diabete nei prossimi anni, e’ quello sull’utilita’ e le piu’ idonee modalita’ di attuazione di programmi di screening del diabete di tipo 2 – conclude Antonia Elefante, UOC Malattie Endocrine e del Metabolismo, Azienda Ospedaliera Regionale San Carlo, Potenza -. L’importanza di un precoce riconoscimento e trattamento della malattia e’ supportata dall’osservazione che il diabete di tipo 2 clinicamente manifesto e’ preceduto da una lunga fase asintomatica, nella quale si instaura il danno a carico dei tessuti bersaglio, con conseguente comparsa delle complicanze del diabete gia’ al momento della diagnosi. Il test di screening nelle persone a rischio, ad es. in eta’ avanzata, obesi, con pregresso diabete gestazionale o con familiarita’, non deve essere uno strumento fine a se’ stesso, ma deve rappresentare un momento per istruire la popolazione sulle modifiche dello stile di vita in modo da ridurre la classe di rischio e dovrebbe essere ripetuto a distanza di 3 anni se negativo. Le persone con diabete di tipo 2 devono affrontare un cambiamento legato all’introduzione di stili di vita piu’ sani – alimentazione e movimento – che sembrano di facile attuazione ma la realta’ dice l’esatto opposto: forse anche su questo bisognerebbe lavorare di piu'”.