Astronomia, creare composti organici simulando processi in atto nei ghiacci interstellari: lo studio dell’Inaf di Palermo

Per studiare la produzione di molecole organiche in ghiacci interstellari irradiati da raggi X, un team di ricercatori guidato da Angela Ciaravella dell’Inaf ha utilizzando l’apparato Interstellar Photo-process System
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Negli ultimi anni, molte molecole organiche, alcune delle quali prebiotiche, sono state osservate in diversi ambienti astronomici. Ad esempio, l’acetonitrile (CH3CN) è stato osservato nella nube molecolare Sag B2 e nel disco protoplanetario attorno la protostella Mwc 480; la formammide (precursore, ad esempio, di nucleobasi) è stata osservata in alcune galassie e nella protostella Svs 13-A, in questo caso insieme ad acetaldeide (CH3CHO), metanolo (CH3OH) e formiato di metile (HCOOCH3); l’isocianato di metile è stato osservato nella regione di formazione stellare della Nebulosa di Orione e in alcune comete.

Il processo di formazione di queste molecole organiche in ambienti astronomici così diversi tra loro, e il modo con cui il mezzo interstellare, le nebulose e i dischi protoplanetari possano arricchirsi di queste specie chimiche, è ovviamente un argomento di grande interesse per lo studio dello sviluppo della vita nell’universo. Ad esempio, alcune di queste molecole si possano formare nei ghiacci depositati sui grani di polvere interstellare a seguito di irraggiamento di raggi X. Questo processo è particolarmente interessante dato che le protostelle – stelle giovani che possono formare un sistema planetario – sono in media sorgenti brillanti di raggi X e sono circondate dai dischi protoplanetari, dove i grani di polvere coagulano formando planetesimali, ossia gli embrioni dei pianeti.

Angela Ciaravella al lavoro nel laboratorio L.I.F.E. dell’Inaf di Palermo

Per studiare la produzione di molecole organiche in ghiacci interstellari irradiati da raggi X, un team di ricercatori guidato da Angela Ciaravella dell’Inaf – Osservatorio astronomico di Palermo, che conta anche gli astronomi Antonio Jiménez-Escobar e Cesare Cecchi-Pestellini, ha condotto alcuni esperimenti presso il National Synchrotron Radiation Research Center di Hsinchu, a Taiwan, utilizzando l’apparato Interstellar Photo-process System: una camera a ultra-alto vuoto capace di raggiungere una pressione di 1.3×10?10 mbar. In questa camera venivano disposti campioni di miscele di ghiaccio H2O:CO:NH3, irradiati da raggi X con energie comprese tra i 250 e 1250 eV, prodotti con lo Spherical Grating Monochromator beamline del National Synchrotron Radiation Research Center (Nsrrc, Taiwan).

Spettro della miscela di ghiacci usato nell’esperimento, prima e dopo l’irraggiamento con raggi X. Fonte: A. Ciaravella et al., ApJ, 2019

Durante l’esperimento, gli scienziati hanno osservato tramite spettroscopia di massa la formazione di diverse molecole organiche, tra cui isocianato di metile e formammide. Sono state osservate anche altre tracce probabilmente associate a formiato di metile, ossammide e acido N-acetilaspartico. Molte di queste molecole sono prebiotiche, dimostrando che i mattoni fondamentali per la vita possono sintetizzarsi nei ghiacci depositati su grani di polvere interstellare e circumstellare.

«Nel mezzo interstellare è osservata una grande varietà di specie molecolari, e in particolare molecole organiche, nella cui chimica un ruolo cruciale è giocato dalla polvere cosmica», spiega Ciaravella a Media Inaf. «Questa chimica è anche molto più complessa di quella pensata possibile in un mezzo sostanzialmente ostile alla sopravvivenza molecolare. In che misura questa ricchezza molecolare osservata nello spazio è legata all’origine della vita sul nostro pianeta? Naturalmente la chimica della vita, e l’organizzazione della biochimica terrestre, è molto più articolata e complessa di quella spaziale. Tuttavia, dovunque la vita abbia avuto inizio, è inevitabile concludere che l’origine chimica non possa prescindere dalle specie disponibili nello spazio. I ghiacci che si accumulano sulle superfici dei grani di povere sono l’ambiente perfetto in cui molecole organiche complesse possano essere sintetizzate ed evolvere. Il passo finale della conversione di queste specie in biopolimeri dipende dal trasporto su pianeti che offrano condizioni favorevoli all’emergere della vita. Sappiamo che, almeno sulla Terra, questo esperimento chimico è riuscito!»

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