Sarà presentato al Festival del Cinema di Venezia e sarà in gara in 350 concorsi Normabili, il cortometraggio che vede protagonista Laura Rampini, la prima e unica paracadutista paraplegica al mondo. Lo ha annunciato lei stessa lunedì 15 luglio, durante un incontro tenutosi presso il reparto Mielolesi del CTO con il supporto dell’Associazione Paraplegici Lombardia.
Laura Rampini aveva 22 anni e un bimbo di 14 mesi quando un incidente d’auto le ha fatto perdere l’uso delle gambe. Dopo un primo periodo di profondo sconforto ha deciso di riprendere in mano la sua vita e di trasformare se stessa da disabile a “normabile”. “Io ho una carrozzina che si vede, ma chi non ha una carrozzina nel cuore? Chi vive in carrozzina si sente più sfortunato di chi cammina sulle proprie gambe. Dobbiamo tutti imparare ad affrontare con forza e coraggio il nostro destino”, ha detto Rampini ai presenti.
La sua forza di volontà, oltre ad averle donato un altro figlio, l’ha spinta sino al cielo: nel 2008 Laura Rampini ha ‘imparato a volare’ ed ha ottenuto il brevetto da paracadutista. Oggi ha compiuto più di 160 lanci: “Bisogna fare in modo che la carrozzina non sia un impedimento. Certo, non è semplice e non mancano mai i momenti di rabbia e di frustrazione, specialmente in una società che non tutela abbastanza chi ha una disabilità”.
“Laura Rampini è un esempio per tutti, non solo per i nostri pazienti mielolesi. Sono contento ed emozionato per aver ascoltato la sua testimonianza perché è un modello di vita”, ha detto il dott. Valentino Lembo, Direttore Sanitario dell’ASST Gaetano Pini-CTO. “Per affrontare le patologie legate alla mielolesione ci vuole molto coraggio, sia per chi è in carrozzina sia per chi deve occuparsi del paziente. Ecco perché ritengo che Laura Rampini sia un esempio da seguire per imparare a non imporre a se stessi dei limiti”, ha aggiunto il dott. Antonello Caserta, Direttore della UOC Riabilitazione Mielolesi dell’ASST Gaetano Pini-CTO.
La prima paracadutista paraplegica al mondo non si è risparmiata: ha ascoltato con vivido interesse le storie dei pazienti presenti, fatte di piccole conquiste quotidiane, ma anche di sconforto e stanchezza. “Incontro ogni giorno pazienti ricoverati in reparti come questi, in tutta Italia e dalla mia esperienza posso affermare con certezza che serve del tempo per accettare la disabilità e per comprendere che abbiamo il dovere di lottare e continuare a vivere”.