Intelligenze al di sopra della media, sublime capacita’ di progettazione, abnegazione, ferreo patriottismo e anche colpi di fortuna: i sovietici primeggiarono in tutta la cosiddetta ‘space race’, ma all’ultimo non riuscirono a tagliare il traguardo della corsa allo spazio: non furono loro ad arrivare per primi sulla Luna, ma gli americani. In pochi ricordano la lunga supremazia dell’Urss rispetto agli Usa nello spazio, anche nell’approssimarsi del cinquantesimo anniversario dell’allunaggio americano (20 luglio 1969), l’impresa che segno’ il game over della partita costata qualche vita umana e miliardi di dollari e che ha visto rincorrersi le due super potenze per una dozzina di anni durante la Guerra Fredda.
L’Urss mando’ per prima un satellite artificiale in orbita intorno alla Terra (Sputnik, nel 1957), per prima invio’ un manufatto sulla Luna (1959) e animali nello spazio (1954), fino ad arrivare alla missione storica di Yuri Gagarin, primo uomo a volare in assenza di gravita’ (1961), seguito dalla prima donna, Valentina Tereshkova (1963). Come e’ stato possibile, allora, lo smacco inflitto dalla Nasa, alla luce dell’indiscussa superiorita’ delle missioni spaziali sovietiche, fino a meta’ degli Anni ’60? Alla domanda ha provato a rispondere, in un’intervista all’Agi, l’astrofisico italiano Massimo Capaccioli, professore emerito all’universita’ Federico II di Napoli, che nel suo libro ‘Luna Rossa’ (Carocci editore) ripercorre proprio le tappe della ‘space race’, con gli occhi puntati sull’Urss di Nikita Krusciov.
“Gli americani vincono, perche’ non potevano perdere”, spiega il professor Capaccioli, “il ritardo accumulato sui sovietici era un danno catastrofico da tutti i punti di vista: se ne accorsero dopo l’impresa di Gagarin e bisognava assolutamente recuperare”. Gli Usa vincono perche’ puntano tutto sulla Luna, “con una strategia migliore dei sovietici, che disperdono energie per lavorare parallelamente sia allo sbarco sul satellite terrestre, che alla costruzione di una stazione spaziale in orbita bassa, intorno alla Terra”; appaltano inotre l’esplorazione dello spazio a un’agenzia civile (la Nasa) e non ai militari, come invece e’ in Urss, e si rivolgono a societa’ private per realizzare le diverse componenti necessarie.
Inoltre, “investono una quantita’ spaventosa di denaro”. Dal 1962, dopo che il presidente John Fitzgerald Kennedy fa appello all’orgoglio a stelle e strisce, chiedendo uno sforzo sovrumano in termini economici, il budget totale della Nasa schizzo’ a 5 miliardi di dollari l’anno, pari al potere d’acquisto di 34 miliardi di euro attuali, dieci volte piu’ di quanto potesse fare l’Urss. Questi investimenti “consentirono di fare sviluppi tecnologici, tra cui la miniaturizzazione dell’elettronica, fondamentale per andare sulla LUNA”, sottolinea Capaccioli, ricordando che all’allunaggio lavorarono 400 mila persone, tra dipendenti Nasa e indotto.
Ma c’e’ anche un altro fattore: “Gli Usa hanno vinto una gara stabilendo loro, in corsa, quale fosse il traguardo, vale a dire posare il piede umano sulla Luna”. Dopo il 1969, i sovietici hanno provato ancora per un anno o due a inseguire gli Stati Uniti, ma si sono accorti che non era conveniente e hanno lasciato perdere, seguiti poi dagli americani. “Era finita la scalata del cielo, che in tempi di Guerra Fredda, aveva sostituto una piu’ convenzionale guerra tra eserciti”, troppo rischiosa per entrambi, data la presenza dell’atomica nei rispettivi arsenali. L’allunaggio degli astronauti Luis Armstrong e Buzz Aldrin, riconosciuto da Mosca come un’impresa di successo, diventa paradossalmente l’apripista per la collaborazione nello spazio tra le due potenze rivali.
“La missione Apollo”, spiega ancora Capaccioli, “non era piu’ ripetibile per gli americani e per i sovietici continuare a inseguirli significava investire denaro per arrivare comunque secondi e rischiare di perdere la corsa alla costruzione della stazione spaziale, che era molto piu’ importante”. Entrambi i blocchi, “si rendono conto che i budget sono troppo alti “per continuare in solitaria. La Guerra Fredda sta per finire e sullo spazio inizia un discorso di cooperazione a livello mondiale, incarnato oggi nella Stazione spaziale internazionale (Iss), dove collaborano Stati Uniti, Russia, Giappone,Canada e 11 Stati membri dell’Agenzia spaziale europea (Esa). “Ai nostri giorni, prevale la cooperazione sulla competizione”, fa notare il professore, “ma non sono convinto che continuera’ cosi'”. All’orizzonte si e’ affacciata l’India, ma soprattutto la Cina, intenzionata a fare una politica tutta sua e la prossima ‘space race’ potrebbe essere proprio tra Washington e Pechino