Astronomia: la Via Lattea ha “ingoiato” un’altra galassia 10 miliardi di anni fa

Grazie anche a simulazioni, gli esperti hanno ricostruito la distribuzione dell'età delle stelle nell'alone centrale della Via Lattea
MeteoWeb

Una ricerca pubblicata su Nature Astronomy, basata sulla datazione delle stelle della nostra galassia ricostruita dal satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea, ha scoperto che la Via Lattea è nata “ingoiando” una galassia vicina con una massa pari a un quarto della sua, avvenuto circa 10 miliardi di anni fa.
Allo studio, coordinato da Carme Gallart, dell’Istituto di Astrofisica delle Canarie e dell’Università spagnola di La Laguna, hanno preso parte anche Santi Cassisi, dell’Osservatorio astronomico dell’Abruzzo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e della sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), e Matteo Monelli, collega di Gallart alle Canarie.
Grazie anche a simulazioni, gli esperti hanno ricostruito la distribuzione dell’età delle stelle nell’alone centrale della Via Lattea, rilevando che “la maggior parte delle stelle più vicine al Sole ha un’età inferiore a 10 miliardi di anni fa“, “il momento in cui la galassia progenitrice della Via Lattea si è fusa con una delle sue compagne di allora, denominata Gaia-Enceladus. Le stelle più rosse, quelle con un più alto contenuto di metalli, invece sono più vecchie del momento della fusione”.

La missione Gaia

Gaia è una missione del programma scientifico dell’ESA che ha lo scopo di ottenere una mappa tridimensionale della nostra galassia, rivelandone la composizione, la formazione e l’evoluzione.
Il lancio è stato effettuato il 19 dicembre 2013 con il vettore Soyuz-Fregat, l’orbita occupata dal satellite è quella intorno a L2.
Gaia è realizzata direttamente da ESA, anche per la parte della strumentazione scientifica che consiste di due telescopi con campi di vista diversi e piano focale in comune, una serie di specchi e più di cento CCD che corrispondono a quasi un miliardo di pixel.

La missione scansionerà continuamente tutto il cielo sfruttando i moti di rotazione e di precessione del satellite: ogni zona del cielo viene osservata circa 70 volte durante la vita operativa del satellite. La partecipazione della comunità scientifica europea alla missione prevede la responsabilità della riduzione dell’enorme mole di dati che saranno prodotti dalla missione: tale compito viene svolto dal Data Processing and Analysis Consortium (DPAC), il consorzio di istituti di ricerca europei creato dagli scienziati europei in risposta a un Announcement of Opportunity dell’ESA.

Gaia sta ottenendo dati astrometrici di oltre un miliardo di stelle con una precisione 200 volte maggiore di quelli di Hipparcos e informazioni astrofisiche sulla luminosità nelle diverse bande spettrali che permetteranno di studiare in dettaglio la formazione, la dinamica, la chimica e l’evoluzione della nostra galassia.

Il contributo italiano al DPAC è notevole (secondo solo a quello francese), e riguarda in particolare la partecipazione alla definizione e alla realizzazione delle pipeline di analisi e calibrazione dei dati e la presenza sul territorio italiano di uno dei sei Data Processing Center (DPC) previsti.

La missione Gaia rientra nel quadro del Programma Scientifico dell’ESA, cui l’Italia contribuisce al 13% circa.

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