L’Alzheimer colpisce una persona ogni tre secondi: il test per predirlo e cosa mangiare per prevenirlo

Per prevenire l'Alzheimer è importante la prevenzione quotidiana, frutto di un’alimentazione e uno stile di vita sano
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L’Alzheimer colpisce una persona ogni tre secondi in tutto il mondo e ogni anno le nuove diagnosi sono 7,7 milioni. A lanciare l’allarme su questi dati preoccupanti è stato il Policlinico Gemelli con il progetto Interceptor, il cui obiettivo è quello di identificare tra persone con declino cognitivo lieve quelle a maggior rischio di evoluzione verso la malattia di Alzheimer. Lo studio è promosso e sostenuto dal Ministero della Salute e da Aifa, l’Agenzia Italiana del farmaco, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e Aima, l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer. Centro coordinatore del progetto è la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS che partecipa insieme a una rete di 20 strutture neurologiche italiane.

Attualmente in Italia sono oltre 700.000 le persone con un lieve disturbo cognitivo. Il 50% di questi, secondo gli esperti, diventerà una forma di demenza, soprattutto Alzheimer, nei 3 anni successivi. “Nello studio che arruolerà 400 pazienti – spiega il professor Paolo Maria Rossini, coordinatore clinico del progetto Interceptor e direttore Area Neuroscienze della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – saranno valutati dei biomarcatori per stabilire quali siano più sensibili e specifici per predire la conversione del lieve declino cognitivo in demenza di Alzheimer”. “Riuscire a fare una diagnosi tempestiva – precisa Patrizia Spadin, Presidente Aima – è davvero fondamentale per le famiglie che hanno davanti un lungo percorso di malattia quando l’Alzheimer si manifesta“.

alzheimerNUOVO TEST. I ricercatori hanno messo a punto un nuovo test basato su un prelievo di sangue, potenzialmente in grado di predire, con una affidabilità del 94%, se ci si ammalerà di Alzheimer anni e anni prima dell’esordio dei sintomi della malattia. Del test si è parlato sulla rivista Neurology ed è stato ottenuto da una equipe di scienziati della Washington University School of Medicine a St. Louis. L’esame si basa sulla misura della concentrazione nel sangue della proteina beta-amiloide attraverso una ‘spettrometria di massa’. La beta-amiloide plasmatica è indicativa di quella accumulata nel cervello. A questa informazione si dovrà poi aggiungere l’età della persona e la presenza o meno nel suo Dna del ‘gene’ ‘APOE4‘, noto per moltiplicare il rischio di Alzheimer fino a 5 volte.

Il test, in grado di predire efficacemente il rischio Alzheimer a costo sostenibile, è considerato il ‘Santo Graal’ per gli scienziati che in tutto il mondo lottano da anni contro la malattia. La patologia esordisce con i primi seri deficit di memoria solo molti anni dopo che i processi neurodegenerativi si sono innescati. Questo lungo periodo di ”incubazione”, di fatto, renderebbe tardiva e quindi vanificherebbe l’azione di eventuali terapie che venissero sviluppate contro la demenza. Avere un test del sangue – low cost e semplice da usare – potrebbe aggirare il problema.

SOGGETTI A RISCHIO. Le donne, secondo recenti ricerche, sono più a rischio di ammalarsi di Alzheimer rispetto agli uomini. La ragione sta nella maggiore connettività di alcune aree del loro cervello, dove si forma la proteina tau, responsabile delle placche che si accumulano con la malattia, e in alcuni particolari geni. A spiegarlo sono due diversi studi presentati all’Alzheimer’s Association International Conference in corso a Los Angeles.

COSA MANGIARE PER RIDURRE IL RISCHIO DI ALZHEIMER. La fosfatidilcolina riduce efficacemente il rischio di demenza senile e Alzheimer del 28%. A confermarlo è una ricerca condotta da esperti dell’Università della Finlandia Orientale e pubblicata sulla rivista scientifica American Journal of Clinical Nutrition. Lo studio in questione ha coinvolto circa 2500 uomini di 42-60 anni, sia maschi che femmine, all’inizio del lavoro. Il loro stato di salute è stato monitorato per ben 22 anni di seguito. Si è osservato che la fosfatidilcolina è essenziale per la formazione della membrana cellulare. Crea la “colina” che è la base del principale trasmettitore del cervello, l’acetilcolina. Quest’ultima è la molecola che mette in comunicazione i nostri neuroni.

Ma dove trovare la fosfatidilcolina? E’ presente in cibi come uova e soia, ma anche in molti integratori vitaminici, utili come supporto alle facoltà cognitive in caso di stanchezza psicofisica. Il team di ricercatori finlandesi ha voluto valutare i potenziali effetti protettivi sul cervello della fosfatidilcolina naturalmente presente nei cibi. È stato messo a confronto l’apporto giornaliero medio di fosfatidilcolina con le prestazioni cognitive del paziente. Grazie a test di memoria, di tipo logico, cognitivo e linguistico si è valutata la performance del paziente che apportava quotidianamente e con costanza questa sostanza, utile al nostro cervello. In base ai risultato è emerso che chi assumeva fosfatidilcolina a tavola, grazie al consumo costante di uova e soia, risultava più performante dal punto di vista cognitivo: aveva una memoria più elastica e il rischio di demenza si abbassava del 28%.

I ricercatori finlandesi hanno ribadito dunque l’importanza della prevenzione quotidiana, frutto di un’alimentazione e uno stile di vita sano.

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