Una vasta regione dell’Africa colpita dalla siccità e dai cambiamenti nell’uso della terra, emette ogni anno una quantità di anidride carbonica pari a 200 milioni di automobili: è quanto sostiene uno studio redatto da un team guidato da ricercatori dell’Università di Edimburgo e pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Secondo lo studio – spiega Francesco Rea su Global Science – il monitoraggio di due satelliti per l’osservazione della Terra frutto della collaborazione Nasa-Jaxa, il Greenhouse Gases Observing SATellite (GOSAT) e Orbiting Carbon Observatory (OCO-2) ogni anno vi sarebbero emissioni nell’Africa tropicale settentrionale tra 1 e 1,5 miliardi di tonnellate di carbonio.
I dati suggeriscono che il carbonio immagazzinato è stato rilasciato da terreni degradati – quelli soggetti a siccità prolungata o ripetuta o cambiamenti nell’uso del suolo – nell’Etiopia occidentale e nell’Africa tropicale occidentale, anche se gli scienziati puntualizzano che saranno necessari ulteriori studi per fornire una spiegazione definitiva delle emissioni.
Grazie alluso dei satelliti è possibile migliorare la comprensione delle fonti di gas a effetto serra così da rispettare i termini dell’accordo di Parigi, che mira a limitare l’aumento della temperatura globale media al di sotto dei 2°C. Infatti la fonte di carbonio non sarebbe stato possibile individuarla con i soli sondaggi terrestri.
I ricercatori hanno confrontato i dati di tre modelli atmosferici che mostrano cambiamenti nella vegetazione e una serie di altre misurazioni di acque sotterranee, fuoco e livelli di fotosintesi.
Lo studio è il risultato di un decennio di lavoro, che ha coinvolto centinaia di ingegneri e scienziati dedicati e miliardi di dollari di investimenti da parte delle agenzie spaziali.
Paul Palmer, della School of GeoSciences dell’Università di Edimburgo, che ha guidato lo studio, ha dichiarato: «I tropici ospitano un terzo dei tre miliardi di alberi della Terra e il loro carbonio immagazzinato, eppure stiamo solo grattando la superficie per capire come stanno rispondendo ai cambiamenti climatici. Prevediamo che i dati satellitari continueranno a migliorare tale situazione».