La speranza è sempre quella di trovare un giorno una cura per il diabete, e il crocevia di tutte le ricerche passa per la protagonista assoluta di questa condizione, la cellula beta pancreatica. Trovare il modo di proteggerla e di ripristinare la sua funzione di produzione di insulina è l’obiettivo e il mantra di tutto questo filone di ricerca.
Di seguito l’intervento del professor Francesco Purrello, presidente SID, al 55° congresso annuale dell’EASD in corso a Barcellona.
Il prediabete è una condizione che interessa milioni di persone del mondo e in Italia. Bloccare la progressione del prediabete a diabete conclamato è di grande importanza clinica e sociale, e rappresenta l’unica strategia per ridurre l’enorme aumento di diffusione del diabete in tutti i paesi, compresa il nostro. Le ricerche scientifiche in questo ambito hanno portato alla conclusione che la migliore strategia consiste nel ridurre il ‘carico’ di lavoro della cellula beta pancreatica. Sappiamo bene che fin quando le cellule beta riescono a produrre insulina in modo appropriato, il diabete non si manifesterà. Ma ridurre il ‘carico’ di lavoro della cellula beta pancreatica significa anche migliorare il funzionamento dell’ormone nei tessuti bersaglio della sua azione. Significa insomma ridurre la cosiddetta ‘insulino-resistenza’. E in questo riveste un ruolo chiave lo stile di vita, nella sua declinazione ‘lotta alla sedentarietà e alimentazione bilanciata’. La buona notizia che ci viene dalle ricerche scientifiche presentate anche a questo congresso è che agire presto sul prediabete, bloccarne la progressione verso il diabete, è in grado di prevenire le complicanze croniche della malattia, ed in particolare il danno ai reni e alla retina.
Anche la Società europea di diabetologia (EASD) ha deciso di sottolineare l’importanza di questo argomento dedicando il suo riconoscimento più prestigioso, la Claude Bernard Lecture, che viene conferito durante la cerimonia inaugurale del congresso, al professor Steven Kahn della Washington University di Seattle. Steven Kahn ha studiato la funzione della beta cellula pancreatica, la cellula che produce insulina, non solo dal punto di vista molecolare, ma ha anche progettato e condotto una serie di studi clinici che hanno confermato l’importanza cruciale di mantenere una buona secrezione insulinica nel diabete, in tutte le sue fasi: nei soggetti a rischio di sviluppare la malattia (prediabete), nei soggetti con diabete di nuova diagnosi, e nei soggetti con malattia già diagnosticata da anni.
Nel diabete di recente diagnosi, alcune ricerche scientifiche recenti, tra le quali lo studio DIRECT (di cui verranno presentati dati anche durante questo congresso), hanno dimostrato che in alcuni casi si può ‘guarire’ dal diabete. Ritornare cioè a livelli di glicemia entro i valori normali. I soggetti con maggiore probabilità di remissione della malattia sono quelli in cui si riesce a recuperare la funzione delle cellule beta pancreatiche, fatto questo che consente di ripristinare una migliore secrezione insulinica. Anche in questo caso è stato dimostrato il ruolo fondamentale della dieta e della riduzione di peso. Queste ricerche confermano inoltre che non tutti i pazienti con diabete tipo 2 hanno le stesse alterazioni. Solo in alcuni di essi il difetto di produzione insulinica si è dimostrato recuperabile. Questi soggetti vanno individuati subito, alla diagnosi, perché hanno le maggiori probabilità di arrivare ad una regressione della malattia. Queste ricerche danno un’ulteriore spinta verso la terapia personalizzata e la medicina di precisione del diabete tipo 2, malattia eterogenea e complessa. E pensare che per alcuni il diabete è una malattia facile da diagnosticare e da curare!
Il diabete già diagnosticato da tempo è considerato una malattia progressiva, che lentamente negli anni peggiora e richiede una terapia sempre più complessa, con l’uso di diversi farmaci combinati tra loro, compresa la terapia insulinica. La progressione della malattia si ritiene sia dovuta ad un progressivo peggioramento della secrezione insulinica, con perdita sia di funzione che di numero di cellule beta pancreatiche. Nuove classi di farmaci, come ad esempio le gliptine o gli analoghi del GLP-1, inducono una maggiore e più fisiologica secrezione insulinica senza stressare la cellula beta pancreatica, al contrario dei farmaci di vecchia generazione come le sulfaniluree. Studi scientifici, presentati anche in questa edizione del congresso EASD, dimostrano che nei pazienti trattati con i nuovi farmaci la secrezione insulinica riesce in alcuni casi a migliorare o per lo meno a restare stabile. Questi effetti però si osservano durante il trattamento, ma non sono stati mantenuti alla sospensione della terapia.