E’ necessario precisare, in primis, che il farmaco biologico nulla ha a che fare con il mondo del ‘bio’ tanto in voga oggi: lo ha chiarito in un’intervista al Corriere della Sera il professor Carlo Selmi, responsabile dell’Unità operativa di Reumatologia e Immunologia Clinica in Humanitas.
L’Istituto Clinico Humanitas si trova a Rozzano, a 8 km a sud di Milano, con cui è collegata, insieme ad alcuni paesi limitrofi, con alcune navette dedicate a pazienti, visitatori e dipendenti.
“I farmaci biologici sono chiamati così perché prodotti attraverso sistemi di cellule e non con processi chimici. Sono in genere proteine complesse, più spesso anticorpi monoclonali, somministrabili per via sottocutanea o endovenosa, con cadenza variabile”, ha spiegato il professor Selmi. “Sono farmaci innovativi che non hanno nulla a che vedere con i prodotti alimentari bio, nati senza ausili chimici”. Questi farmaci, il cui uso è regolamentato da raccomandazioni internazionali e dal Sistema Sanitario Nazionale, che ne controlla la distribuzione solo attraverso le farmacie ospedaliere, “permettono da circa 20 anni di agire in modo mirato e selettivo su singoli bersagli”, ha detto Selmi.
Farmaci biologici e artrite: sono sicuri ed efficaci?
Per quanto riguarda le artriti questo tipo di medicinali “sono trattamenti con eccellente efficacia, superiore a quella dei farmaci tradizionali come il methotrexate, e permettono di tenere sotto controllo l’infiammazione dell’artrite dopo il fallimento dei farmaci più comuni”. Rispondendo ad una domanda di una paziente sulla sicurezza di questi farmaci, Selmi ha risposto chiarendo che “utilizziamo la maggior parte di questi prodotti da molti anni e ne conosciamo bene il profilo di sicurezza. Sappiamo ad esempio che non causano tumori, ma il loro utilizzo deve essere attentamente in soggetti con recenti neoplasie.”
In ogni caso, poiché “non abbiamo ancora a disposizione test per capire quale sia il farmaco biologico migliore per ogni malato, la scelta va fatta insieme allo specialista in base ad ogni caso clinico del paziente”.