Il cambiamento climatico è un dato di fatto, una certezza. E sebbene frenarlo sia pressoché impossibile, limitarne i danni non solo è fattibile ma assolutamente necessario. E’ giusto dunque non creare allarmismi, non fasciarsi la testa prima di cadere e non speculare sulla paura e sulle insicurezze, ma è altrettanto giusto non infilare la testa sotto la sabbia negando l’evidenza. Proprio per questo è quanto mai necessario parlare, leggere, ascoltare e capire cosa sia questo cambiamento climatico e cosa, concretamente, comporterà per noi nel prossimo futuro.
A spiegare quali sono i danni che il climate change sta già causando nel nostro Paese, e in particolare all’agricoltura, è Francesco Cufari, presidente della Federazione dei dottori agronomi e dottori forestali della Calabria, che parla ai microfoni di MeteoWeb: “Io non sono né negazionista né catastrofista, ma penso semplicemente che sia necessario creare consapevolezza, per arrivare ad una soluzione“.
Ma come creare questa consapevolezza? Semplice, attraverso la conoscenza, attraverso lo studio e attraverso i tentativi, le prove, i fallimenti e le vittorie. Come spiega Cufari: “La Calabria è un esempio di resilienza e di adattamento. Noi stiamo cercando di adattarci e di prospettarci verso il futuro, perché è vero che non ci sono allarmi imminenti e che il caldo è meno dannoso del freddo, ma è anche necessario vedere la durata dei cicli di caldo e di freddo. Col variare dei cicli della temperatura si sono sviluppate intere civiltà, basti pensare al Sahara. Il problema dunque non è il ciclo stesso, di caldo o di freddo, ma è l’arco di tempo in cui si manifesta. Noi stiamo vivendo un incremento di temperatura che, dopo la rivoluzione industriale, ha fatto registrare un’impennata nell’arco di tempo di ‘soli’ cento anni. Ovvio che ormai non possiamo tornare indietro, il progresso non si può e non si deve frenare, ma dobbiamo andare avanti attraverso l’innovazione”.
“Noi calabresi, e parlo di noi perché è la realtà che vivo giornalmente, abbiamo avuto sempre grandi capacità di adattarci nel corso dei secoli e lo stesso stiamo cercando di fare nel comparto agricolo. Nella nostra regione c’è il problema della siccità e della carenza di acqua, ebbene da oltre vent’anni utilizziamo innovative tecniche, come quella israeliana della microirrigazione, o irrigazione a goccia, proprio per evitare sprechi”.
Adattarsi al cambiamento climatico, dunque, è possibile, e la Calabria in questo senso potrebbe diventare un esempio da seguire, almeno da un punto di vista dell’agricoltura. L’esperto si addentra ancora più nel tema spiegando come un altro dei grandi problemi della propria regione sia l’acqua salmastra, non adatta all’irrigazione, “problema che nella piana di Sibari è stato superato grazie alla produzione di riso, proprio per evitare che l’acqua salmastra risalga in superficie. Questo è semplicemente un sistema di adattamento, uno dei tanti che dovremmo adottare ora che andiamo sempre più incontro al problema della desertificazione. Essere ambientalista non significa non fare niente per non danneggiare l’ambiente, ma significa curare l’ambiente attraverso la necessaria azione dell’uomo“.
In merito poi al fatto che la Co2 sia necessaria per fare crescere le piante e aumenti il verde, Cufari precisa che “è vero che le foreste crescono meglio con una elevata presenza di Co2 ma devono essere presenti anche gli altri fattori della crescita come ad esempio l’acqua che per le elevate temperature potrebbe scarseggiare“.
Ma quali sono i danni che il cambiamento climatico può causare ad un comparto come quello agricolo? “Innanzitutto il discorso della tipicità delle colture: colture tipiche del nostro territorio sono ulivi e vigneti, ma ormai l’ulivo puoi coltivarlo anche in Austria, esattamente come in Italia si inizia a coltivare piante esotiche come l’annona, per esempio. I vigneti ora si possono impiantare anche in nord Europa. Per noi è un dramma, perché non siamo una regione che punta sulla quantità, ma sulla qualità e sulla tipicità dei prodotti. Non arriviamo sul mercato di massa, ma dobbiamo puntare sulla caratteristica e sulla tipicità della nostra produzione. Con il cambiamento climatico molti prodotti tipici rischiano di diventare coltivabili in più parti del mondo”.
Cosa fare dunque? Correre ai ripari, come spiega il presidente dell’ordine degli agronomi: “Abbiamo richiesto per tre volte alla Regione Calabria lo stato di emergenza climatica, per portare avanti politiche che favoriscano la riduzione delle Co2, ma non abbiamo mai ricevuto alcuna risposta. Io stesso ho scritto tre lettere al presidente della Regione e ai consiglieri, ma nulla. Continueremo per la nostra strada, introducendo l’utilizzo di nuovissime tecnologie e cercando, come possiamo, di far fronte ai cambiamenti in corso e sempre più evidenti“.