Una notizia buona e una cattiva per l’Italia, sono quelle che emergono dai contenuti dell’ultimo rapporto dell’IPCC su Cambiamenti Climatici e territorio. “La notizia cattiva è che, l’Italia è al centro della regione Mediterranea, una delle aree più interessate da impatti significativi degli eventi estremi. La buona notizia è che il nostro paese può dare al mondo segnali positivi“.
Sono parole di Riccardo Valentini (Fondazione CMCC, Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti Climatici e Università della Tuscia), unico autore italiano del Rapporto Speciale dell’IPCC su Cambiamenti Climatici e territorio, presentato alla comunità italiana dagli esperti italiani e alla cui presentazione hanno partecipato anche Donatella Spano (CMCC e Università di Sassari) e Lucia Perugini (CMCC, Divisione di ricerca che studia gli impatti dei cambiamenti climatici su agricoltura, foreste e servizi ecosistemici).
“Per la prima volta – ha spiegato Valentini – nel rapporto si parla di agricoltura sostenibile come di una soluzione al problema. In Italia abbiamo tanta creatività e un settore produttivo di qualità che vede impegnati molti giovani. Inoltre, possiamo fare di più in termini di educazione alimentare. Quel che è fondamentale è che si agisca in fretta: la scienza deve avere una ricaduta sulla società e la politica ha un ruolo fondamentale in questo“.
“Abbiamo tutte le carte in regola dal punto di vista dei piani di mitigazione per la riduzione delle emissioni di gas serra e per i piani di adattamento“, ha commentato Donatella Spano, che ha seguito da vicino la stesura del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. “Ora – ha continuato – si tratta di trovare il modo di rendere operative le indicazioni che la comunità scientifica ha messo a disposizione“.
Tutti i dettagli dei contenuti, inclusa un’infografica e il video integrale della presentazione sono disponibili sul sito del Focal Point IPCC per l’Italia.
Un ambito ad elevata competizione
Durante la presentazione, i tre scienziati hanno sottolineato che siamo abituati a pensare alle emissioni di CO2 solo in relazione della produzione energetica e ai trasporti. Ma è importante sottolineare che i settori che hanno a che fare con il territorio (agricoltura, foreste e altri usi del suolo, quello che gli esperti chiamano AFOLU) sono responsabili del 23% delle emissioni totali, una cifra che arriva al 37% se si includono i processi di trattamento dei prodotti alimentari. Questo vuol dire che le attività umane esercitano una enorme pressione sul pianeta attraverso l’utilizzo del 73% delle terre emerse (ghiacci esclusi).
Il tema è molto complesso perché se da una parte la strada delle soluzioni spinge verso le soluzioni finalizzate a ottenere riduzione della concentrazione di CO2 in atmosfera e quindi si invita a puntare su riforestazione sostenibile per aumentare la capacità del pianeta di assorbire e trattenere carbonio, dall’altra parte il suolo è soggetto ad una elevata competizione tra attività diverse. Bisogna fare attenzione, ad esempio, che le aree destinate alle foreste o alla produzione di biocarburanti non incidano negativamente sulla produzione di beni alimentari.
Il sistema alimentare
Argomento molto rilevante del rapporto è il cibo, il modo in cui lo produciamo, il modo in cui lo consumiamo, il modo con cui lo perdiamo o lo sprechiamo. Dal 1961 ad oggi, l’offerta di cibo pro capite è aumentata del 30%, le risorse idriche impegnate per irrigazione sono aumentate del 100%, mentre dell’800% è cresciuto l’uso di fertilizzanti.
In questo contesto, fattori climatici contribuiscono a mettere sotto stress il sistema, con conseguenti influenze sulla sicurezza alimentare, e cioè sulla capacità delle persone, a livello globale, di avere disponibilità di cibo, di poterlo utilizzare, di potervi accedere in maniera stabile e costante.
Le soluzioni
Le sfide poste dall’uso del suolo così come è stato descritto si possono affrontare con una serie di azioni integrate.
La gestione del territorio comprende il settore agricolo (aumentare la produttività agricola in maniera sostenibile), le foreste (riduzione della deforestazione e gestione forestale sostenibile, evitando competizione con il settore agricolo), la gestione del suolo che contiene e mantiene il doppio del carbonio contenuto in atmosfera.
Il sistema alimentare, grande novità di questo rapporto, è responsabile del 37% delle emissioni globali, di cui quasi un terzo derivanti da sprechi alimentari. Comportamenti che incidano sulle abitudini alimentari, ossia sulle diete possono avere un impatto considerevole sulle emissioni di gas serra. Riducendo il consumo di carne, in particolare carne rossa, e di latticini ai livelli definiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità possiamo fare molto per contenere i cambiamenti climatici e migliorare le condizioni di salute. Tra le varie diete considerate dagli scienziati dell’IPCC, la dieta mediterranea è una delle più virtuose.