Valanghe ma soprattutto cedimenti di appigli alla roccia e improvvise disattenzioni, sono le cause principali degli incidenti anche con esito mortale, sulle montagne italiane, in particolare sulle Alpi, con un drammatico bilancio che parla di oltre 250 vittime finora nel 2019. L’ultimo incidente è quello del 13 settembre, quando sono stati recuperati i corpi di due alpinisti sulle Pale di San Martino, nel Trentino orientale. A perdere la vita due escursionisti veneti, entrambi padovani (uno di Monselice e l’altro di Villafranca Padovana). Una delle vittime è Michele Chinello, 51 anni, infermiere del Suem di Padova e operatore del Soccorso alpino che fino allo scorso anno era impegnato nelle turnazioni come tecnico di elisoccorso a Verona.
La percentuale nazionale maggiore riguarda gli escursionisti, ovvero coloro che effettuano tour in alta montagna o gite da rifugio a rifugio con passaggi in roccia. Nella statistica nazionale, ancora in corso di aggiornamento, vengono presi in considerazione anche gli incidenti ai “fungaioli“, quelli che s’inoltrano nel bosco dopo una grande pioggia o in specifici periodi dell’anno e che s’infortunano agli arti inferiori o vengono colpiti da malori.
L’estate del 2019 ormai sta volgendo al termine ed il Soccorso Alpino Nazionale da una prima stima ha notato che i numeri degli interventi effettuati sono in linea con quelli della stagione “record” del 2018. I dati aggiornati alla settimana scorsa, a partire dal mese di gennaio, indicano in 6.780 gli interventi di soccorso in montagna e ambienti impervi. Le vittime sono state 250, le persone disperse 32 e i feriti in maniera grave 936. In particolare, gli interventi per alpinismo, ovvero persone che arrampicano in roccia o ghiacciaio, sono stati 336, 129 sulle vie ferrate che sono sentieri attrezzati con corde fisse, scale e pioli. Gli incidenti che hanno coinvolto fungaioli sono stati 121.
Il numero degli incidenti in montagna è fortemente legato al clima. Maurizio Dell’Antonio, presidente nazionale del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, in un’intervista con l’AGI dice che “il numero di infortunati e decessi sono collegati all’affluenza turistica in montagna e alle condizioni meteo“. “Quest’anno il tempo non è stato brutto, salvo qualche forte temporale come quello che, per esempio, ha ucciso la runner norvegese in Alto Adige. Devo dire che il numero dei soccorsi di quest’anno è in linea con il 2018 che resta la stagione record perché abbiamo effettuato più interventi – ha aggiunto Dell’Antonio -. Ciò non significa che la gente è più imprudente anche perché oggi le persone che vanno in montagna sono abbastanza attrezzate e non vanno oltre alle proprie possibilità. Certo, l’imprudente che tenta imprese sopra le sue capacità o chi va con i sandali quando nevica c’è sempre. Il maggior numero di interventi sono in Piemonte, Val d’Aosta, Lombardia, Trentino, Alto Adige e Veneto ma soccorsi sono ovunque perché il nostro corpo con le sue stazioni e persone capaci che operano sul volontariato operano in tutte le regioni italiane. Il soccorso alpino che è basato sul volontariato ed è distribuito su tutta Italia con 7000 persone, non opera solo sulle montagne più famose e quindi interventi vengono fatti anche in Abruzzo, Lazio, Emilia Romagna, Sardegna e Calabria“. Analizzando le categorie più soccorse, Dell’Antonio conferma che “gli escursionisti vengono più soccorsi degli alpinisti” aggiungendo che il “problema valanghe ci sarà sempre anche perché legato agli spartiacque a cavallo tra regioni“.