Oggi, 25 settembre, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite ha pubblicato il rapporto “L’oceano e la criosfera in un clima che cambia“ per presentare gli effetti dei cambiamenti climatici sui nostri oceani e sui nostri mari, tra cui lo scioglimento dei ghiacci, l’acidificazione delle acque e la perdita di ossigeno, le ondate di calore, nonché la perdita di corallo e la fioritura di alghe.
Il documento diffuso oggi dal Principato di Monaco (dove sono riuniti i ricercatori per la stesura finale) va ad integrare quello uscito a maggio (“Cambiamento climatico e territorio”), e quello su “Riscaldamento globale a 1,5 gradi” uscito nell’ottobre del 2018.
“La perdita globale dei ghiacciai, la fusione del permafrost e il declino nella copertura della neve e nella estensione dei ghiacci artici sono destinati a continuare, a causa dell’aumento della temperatura dell’aria in superficie, con inevitabili conseguenze per straripamenti di fiumi e rischi locali. La grandezza di questi cambiamenti della criosfera è destinata ad aumentare ulteriormente nella seconda metà del 21° secolo“, scrive l’IPCC nel report.
Nel ventunesimo secolo, a causa del riscaldamento globale, gli oceani vedranno un aumento senza precedenti della temperature e dell’acidificazione, un calo dell’ossigeno, ondate di calore, piogge e cicloni più frequenti e devastanti, aumento del livello delle acque, diminuzione degli animali marini. “La perdita di massa globale dei ghiacciai, la fusione del permafrost e il declino nella copertura nevosa e nell’estensione dei ghiacci artici è destinata a continuare nel periodo 2031-2050, a causa degli aumenti della temperatura di superficie, con conseguenze inevitabili per straripamenti di fiumi e rischi locali“.
Nel 21° secolo, secondo l’IPCC gli oceani sono destinati a “condizioni senza precedenti di aumento di temperature, maggiore stratificazione dei livelli superficiali, ulteriore acidificazione, declino dell’ossigeno e alterata produzione primaria netta. Ondate di calore marine ed eventi estremi come El Niño e La Niña sono destinati a diventare più frequenti. Eventi estremi di livello del mare che erano storicamente rari (uno al secolo nel passato) sono destinati ad avvenire più di frequente (almeno una volta all’anno) in molte zone al 2050, specialmente nelle regioni tropicali. L’aumento del livello del mare continuerà anche oltre il 2100“.
Per il Panel, “una diminuzione nella biomassa globale degli animali marini, nella loro produzione e nel potenziale di pesca, e un cambiamento nella composizione delle specie è previsto nel 21° secolo negli ecosistemi oceanici. I cambiamenti futuri nella criosfera sulla terraferma (i ghiacciai montani e le coperture polari) sono destinati a colpire le risorse idriche e i loro usi, come l’idroelettrico e l’agricoltura. Gli incendi si prevede che aumenteranno in modo significativo per il resto del secolo nella tundra e nelle regioni boreali, cosi’ come in alcune regioni montane“.
“Gli oceani si sono riscaldati senza interruzione dal 1970 e hanno assorbito più del 90% del calore in eccesso del sistema climatico. Dal 1993, il tasso del riscaldamento dell’oceano è più che raddoppiato. Le ondate di calore marine sono raddoppiate in frequenza dal 1982 e stanno aumentando in intensità“. “Assorbendo più CO2, l’oceano è stato sottoposto a un aumento della acidificazione della superficie. Una perdita di ossigeno è avvenuta dalla superficie fino ai 1000 metri di profondità“. “Il livello medio del mare sta salendo – rilevano gli esperti – con una accelerazione nei decenni recenti a causa dell’aumento dei tassi di perdita di ghiacci della Groenlandia e dell’Antartide“. “Dalla metà del 20° secolo la riduzione della criosfera nell’Artico e nelle aree di alta montagna ha portato a impatti in gran parte negativi su sicurezza alimentare, risorse idriche, qualità dell’acqua, mezzi di sussistenza, salute e benessere, infrastrutture, trasporti, turismo e tempo libero, specie per le popolazioni indigene“. “Lo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost sulla terraferma e il riscaldamento dei mari hanno modificato gli ecosistemi marini, costieri e terrestri, modificando la vegetazione e costringendo gli animali a spostarsi“.
Entro il 2050, molte megalopoli costiere e piccole nazioni insulari subiranno ogni anno catastrofi climatiche, anche con un’aggressiva riduzione delle emissioni di gas serra, sostiene il rapporto ONU. Più di un miliardo di persone, entro la metà del secolo, vivranno in zone soggette a cicloni, inondazioni su larga scala ed altri eventi meteorologici estremi amplificati dall’innalzamento dei mari. “Le persone con la più alta esposizione e vulnerabilità sono spesso quelle con la più bassa capacità di risposta“: le comunità costiere “sono esposte a molteplici rischi legati al clima, compresi cicloni tropicali, livelli del mare estremi, inondazioni, ondate di calore, perdita di ghiacci e scioglimento del permafrost“. “Rendere possibile la resilienza climatica e lo sviluppo sostenibile dipende nettamente da urgenti e ambiziose riduzioni delle emissioni, associate con coordinate, continuate e sempre più ambiziose azioni di adattamento“.