Scoperta una nuova forma di magnetismo

Nuovi fenomeni magnetici emergono a temperature molto basse posizionando due fogli metallici a distanza molto ravvicinata
MeteoWeb

Una collaborazione internazionale, che coinvolge cinque ricercatori di Italia, Austria, Ungheria e Germania, ha recentemente dimostrato teoricamente che nuovi fenomeni magnetici emergono a temperature molto basse posizionando due fogli metallici a distanza molto ravvicinata. Il lavoro è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica «Physical Review Letters» e vede la partecipazione di Luca Salasnich del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” dell’Università di Padova. «Alcuni materiali, tra i quali il ferro, diventano magnetici, ovverosia diventano una sorta di calamita, al di sotto di una temperatura critica nota come temperatura di Curie – dice il Prof. Luca Salasnich. – Se il materiale è quasi bidimensionale, cioè è un foglio di spessore molto piccolo, questa transizione ferromagnetica può avvenire ancora ma, solitamente, è molto più difficile da studiare. Nel nostro lavoro abbiamo dimostrato che è possibile un nuovo tipo di magnetismo, dove le calamite sono ottenute con atomi appartenenti a due differenti fogli metallici paralleli posti a piccola distanza l’uno dall’altro. In effetti, il nostro risultato – sottolinea Salasnich – ha una portata molto più vasta perché il modello matematico utilizzato descrive altrettanto bene, a basse temperature, altri sistemi fisici nella stessa configurazione quasi bidimensionale quali superconduttori, superfluidi e gas atomici diluiti. Questa predizione teorica, che è supportata da sofisticati calcoli analitici e numerici, apre la strada a nuove applicazioni tecnologiche nell’ambito dell’elettronica a stato solido – conclude Salasnich. – Basti pensare alle carte magnetiche che usiamo abitualmente, le quali funzionano proprio sulla base del magnetismo e ferromagnetismo». L’attività scientifica che ha portato a questo risultato è iniziata alcuni anni fa quando Giacomo Bighin, primo autore del lavoro e ricercatore all’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Austria, stava compiendo il dottorato di ricerca nei laboratori del Prof. Luca Salasnich. Il contributo teoricocomputazionale di Giacomo Bighin e Nicolò Defenu dell’Università di Heidelberg è stato fondamentale per confermare i preliminari risultati ottenuti in collaborazione con il Prof. Andrea Trombettoni della Scuola Internazionale di Studi Avanzati di Trieste e il Prof. Istvan Nandori dell’Università di Debrecen.

Condividi