Sono le più diffuse nell’Universo, contengono una quantità di stelle compresa tra 100 milioni e pochi miliardi e spesso orbitano intorno a ‘colleghe’ di dimensioni più ampie: sono le galassie nane, protagoniste di uno studio dedicato alla loro evoluzione e recentemente pubblicato su The Astrophysical Journal (articolo: “Agn-Driven Outflows in Dwarf Galaxies”). La ricerca, condotta da tre astrofisiche dell’Università della California-Riverside, ha messo in rilievo il ruolo dei venti impetuosi prodotti dai buchi neri supermassicci delle galassie nane sulla loro evoluzione: l’azione di tali venti, infatti, blocca l’attività di formazione stellare. Un fenomeno del genere – spiega Global Science – era stato ipotizzato per le galassie più grandi, ma in quelle nane si presenta in maniera molto più intensa.
Le ricercatrici, che sono rimaste sorprese per il livello di violenza di questi venti, hanno inizialmente impiegato i dati della mappatura Sloan Digital Sky Survey per identificare 50 galassie nane, 29 delle quali hanno mostrato chiari segni della presenza di buchi neri supermassicci nel loro centro. In 6 nane di questo sottogruppo sono stati individuati i venti emanati dai buchi neri; nello specifico, si tratta di flussi di gas ionizzato che si muovono fino a 1000 chilometri al secondo. Successive indagini, condotte con il telescopio Keck, hanno consentito di valutare le caratteristiche dei venti, quali cinematica, distribuzione e provenienza, e di constatarne l’influenza sul tasso di formazione stellare; è la prima volta che vengono individuati direttamente dei venti in entità così piccole. Il vento deriva dal riscaldamento del materiale che precipita nei buchi neri e rilascia energia radiativa; l’energia, successivamente, spinge il gas dal centro della galassia verso lo spazio.
Queste osservazioni, secondo le autrici dello studio, possono fornire risposte ad alcuni problemi relativi all’evoluzione galattica rimasti ancora insoluti. Le galassie nane, infatti, presentano dimensioni ridotte perché in qualche modo, dopo la loro formazione, sono riuscite ad evitare di fondersi con altre ‘colleghe’; quindi, costituiscono una specie di reliquia dell’ambiente proprio dell’antico Universo. Le autrici ipotizzano che il vento dei buchi neri possa comprimere il gas quando comincia a spirare e in questo caso potrebbe dare il via alla nascita di nuove stelle; tuttavia, se il vento viene completamente espulso dal centro della galassia, il gas per ‘dare il la’ alle nursery non sarà più disponibile e quindi il processo di formazione stellare ne risentirà negativamente. Nelle 6 nane su cui si centra lo studio dovrebbe essersi verificato proprio questo secondo scenario. Di conseguenza, secondo le ricercatrici, dovranno essere rivisti i modelli teoretici relativi alla formazione e all’evoluzione delle galassie, che dovranno includere l’impatto dei buchi neri sulle nane.