I farmaci innovativi messi a punto negli ultimi anni per curare il diabete riducono anche del 30% la progressione verso malattia renali, ma non possono essere prescritti dai nefrologi, ovvero dai medici specialisti delle malattie renali. Una incongruenza denunciata oggi a Milano da Luca De Nicola, docente di Nefrologia e Dialisi all’Università Vanvitelli di Napoli e responsabile scientifico del 60/o Congresso Nazionale della Societa’ Italiana di Nefrologia (Sin) che da domani a sabato terra’ i suoi lavori a Rimini. De Nicola si riferisce alle gliflozine (SGLT-2 inibitori) che eliminano il glucosio attraverso le urine e ai farmaci incretino-mimetici (GLP-1) che stimolano il rilascio dell’insulina quando i livelli di glucosio nel sangue diventano elevati.
“Questi farmaci – spiega – oltre a ridurre la progressione della malattia renale, una delle maggiori complicanze del diabete (che e’ la prima causa di entrata in dialisi), abbattono del 40% il rischio di scompenso cardiaco e del 30% quello delle malattie cardiovascolari, altre importanti complicanze del diabete. Ma pur essendo molto efficaci, in Italia non vengono quasi utilizzati: meno del 5%, anche a causa di queste limitazioni prescrittive“.
E i nefrologi domani realizzeranno una ‘joint venture’ con i diabetologi della Sid, “per stabilire – dice De Nicola – un percorso assistenziale comune dedicato ai pazienti diabetici con danno renale che preveda linee guida condivise. E per chiedere ad Aifa la possibilita’ di prescrizione anche per i nefrologi”. Un’altra proposta che uscira’ dalla 3 giorni riminese sara’ uno screening nazionale dei soggetti a rischio di malattia renale cronica (Mrc), che colpisce il 7-10% della popolazione ed e’ asintomatica spesso fino a quando la funzionalita’ renale risulta compromessa, con l’entrata del paziente in dialisi o in lista per il trapianto. “Eppure – dice Giuliano Brunori, Presidente Sin – basterebbe sottoporre una volta l’anno i soggetti a rischio a due esami poco costosi come quello delle urine e il dosaggio della creatinina nel sangue per scongiurare una malattia grave per il paziente e oltretutto costosissima per il servizio sanitario“. I soggetti a rischio sono i diabetici, gli ipertesi, gli obesi, le persone con dislipidemie e in generale gli over 65.