In Italia la fragilita’ ossea e’ legata a 90mila fratture del collo del femore che interessano principalmente donne e uomini over 65, e a oltre 270mila fratture vertebrali. Questi alcuni dati illustrati dal presidente della Societa’ italiana Reumatologia (SIR), Luigi Sinigaglia, intervenendo al 52° congresso nazionale Sumai, a Gardone Riviera. “I numeri delle fratture da fragilita’ in Italia– ha spiegato Sinigaglia- sono ben quantificabili per alcuni tipi, cioe’ quelli che richiedono ospedalizzazione ed eventualmente un intervento chirurgico. Per esempio per la frattura del collo del femore, forse la frattura piu’ importante dal punto di vista della fragilita’, si conta che ci siano circa 80-90mila fratture l’anno. Un dato molto importante, stiamo parlando di persone che hanno piu’ di 65-70 anni di eta’. Sono fratture piu’ frequenti nei soggetti di sesso femminile rispetto ai maschi con un rapporto 2-3 a 1, pero’ le conseguenze sono solitamente piu’ severe nell’uomo dove la prognosi e’ peggiore rispetto alla femmina.”
“Per quanto riguarda altre fratture– ha proseguito il presidente SIR- ci sono stime sulle fratture vertebrali, che possono intervenire spontaneamente, senza nessun trauma, in un dominio di fragilita’ scheletrica. Se ne contano circa 270mila, pero’ bisogna tenere conto che queste fratture sono molto spesso sottodiagnosticate e ci sono casi che sfuggono perche’ vengono scambiati, questi pazienti, per soggetti che hanno un banale mal di schiena. Non viene fatta una radiografia appropriata e quindi molte fratture non vengono registrate. Sono anche difficili da registrare perche’ non vengono ricoverate e non necessitano interventi chirurgico. Poi ci sono altre fratture difficilmente quantificabili ma molto frequenti, come quella del polso, che sono forse le prime fratture nell’ambito della storia naturale dell’osteoporosi e interessano maggiormente il sesso femminile“. “I costi– ha detto Sinigaglia- sono molto rilevanti perche’ queste fratture determinano, oltre ai sintomi che richiedono terapie sintomatiche, comportano un alto grado di invalidita’. Soprattutto le fratture del collo di femore che richiedono lunghi periodi di riabilitazione e quindi ci sono dei costi che sono connessi anche alla riabilitazione. Ci sono costi nell’ambito delle famiglie che spesso richiedono assistenza di personale esterno. Poi ci sono i costi legati all’intervento chirurgico e all’ospedalizzazione. Si pensi che un buon 10% che ha una frattura del collo di femore viene istituzionalizzato oppure deve dipendere da qualcuno per poter camminare e per poter svolgere le attivita’ della vita quotidiana. Questi costi si sommano e alla fine del gioco il problema diventa rilevante anche dal punto di vista economico“. Argomento al centro della conferenza, e’ l’ipotesi di realizzare un documento congiunto per la modifica della nota 79 Aifa, per permettere la gestione della prevenzione, su determinati pazienti, anche ai medici del territorio. “La fragilita’ scheletrica puo’ essere primitiva o puo’ essere secondaria ad altre patologie o secondaria all’utilizzo di certi farmaci– ha spiegato Sinigaglia- Ce ne sono alcuni lesivi per lo scheletro e tutte le volte che li somministrano dovremmo tenerne conto. Primi fra tutti i cortisonici, che sono farmaci trasversali che vengono prescritti da diversi specialisti. E poi, una letteratura recente si e’ focalizzata sul ruolo lesivo che hanno alcune terapie che gli oncologi usano frequentemente, che sono le terapie adiuvanti ormonali per alcuni tipi di tumori, come il tumore alla mammella della donna e il tumore alla prostata. Questi farmaci sono veramente molto lesivi dello scheletro, si accompagnano all’aumento di incidenza di fratture da fragilita’ e quando vengono istituiti devono necessariamente prevedere una strategia difensiva sullo scheletro“. “Un documento congiunto alla nota 79– ha concluso- tiene presente questo tipo di problematiche perche’ i pazienti che utilizzano farmaci come quello che ho citato sono privilegiati ma lo sono solo dopo che hanno avuto una frattura. Noi dobbiamo cercare di impostare una battaglia per cercare di prevenire le conseguenze negative di queste terapie. Questo e’ fondamentale e puo’ rappresentare un punto di incontro tra i medici medicina generale, sumaisti, specialisti ambulatoriali e ospedalieri, per arrivare a un documento congiunto che sia un accordo definitivo per la prevenzione“.