Nei Paesi tropicali le malattie dermatologiche e le altre patologie che presentano un coinvolgimento della cute sono tra le più diffuse. Un’indagine di SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse) ha permesso di osservare solo in Etiopia circa 76.000 casi dal 2015 ad oggi. Lupus eritematoso sistemico, dermatomiosite, sclerodermia, psoriasi, dermatite atopica, dermatite da contatto e vitiligine sono molto frequenti. Alta è soprattutto l’incidenza delle malattie su base genetica facilitata dalla pratica dei matrimoni tra consanguinei, come lo xeroderma pigmentoso. Condizioni di estrema povertà favoriscono inoltre la diffusione di patologie infettive come micosi superficiali e profonde, filariasi, oncerchiasi, leishmaniasi, lebbra, tubercolosi cutanea e Aids. E il rischio di neoplasie della pelle non è ridotto: frequenti le manifestazioni di melanoma con localizzazione plantare, carcinoma baso-cellulare e squamo-cellulare. Un problema concreto che va affrontato perché l’assenza o il ritardo nella diagnosi può compromettere irrimediabilmente la salute di chi ne è affetto, con esiti in alcuni casi fatali. A una situazione di criticità va inoltre aggiunto che le patologie della pelle in questi Paesi assumono connotati specifici, diversi da quelli occidentali, che ne rendono più difficile il riconoscimento. Per dare una risposta concreta e fornire a giovani medici l’occasione di misurarsi con situazioni di difficoltà e affinare le competenze diagnostiche, SIDeMaST ha erogato 4 borse di studio, destinate agli specializzandi in dermatologia e venereologia delle Università italiane che partiranno per il Paese africano.
I giovani specializzandi impareranno in Etiopia a riconoscere tempestivamente le lesioni cutanee spia di patologie internistiche, infettive o di natura neoplastica e a coglierne le peculiarità. “In queste popolazioni ad esempio – spiega il prof. Aldo Morrone, direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano (IRCCS) di Roma – l’eritema non è rosso, ma brunastro o blu ardesiaco. È necessario quindi affinare lo sguardo per riconoscerlo”. “Inoltre – continua Morrone – la pelle scura non protegge dalle radiazioni ultraviolette, come abitualmente si tende a pensare. È necessario, perciò, abituarsi a riconoscere i segnali di allarme e sfatare questa errata credenza, alimentata dalla scarsa presenza di medici, specialisti e infermieri sul territorio, che non ha reso possibile un rilievo epidemiologico accurato”.
I vincitori delle borse di studio, supportati dagli specialisti nel settore, opereranno per oltre un mese, presso vari ospedali universitari nella regione del Tigrè, in Etiopia, al confine con l’Eritrea, dove SIDeMaST è presente da oltre 30anni per attività di ricerca scientifica e assistenza sanitaria.
“Si tratta di un progetto che assume un’importante valenza dal punto di vista etico e sociale ma anche formativo – commenta Piergiacomo Calzavara Pinton, presidente della SIDeMaST – e che risulta quanto mai attuale. Il fenomeno migratorio è in crescita ed è nostro dovere fornire ai giovani medici tutti gli strumenti necessari affinché siano in grado di garantire la migliore cura al paziente, qualunque ne sia la provenienza geografica. Andare sul campo è la strada migliore per imparare e tornare nel nostro Paese con un background accresciuto. Ma è anche il presupposto per creare collaborazioni clinico-scientifiche con la realtà locale, intensificare la nostra presenza sul territorio e offrire così un supporto in situazioni di grande difficoltà”. “In questi Paesi – conclude Morrone – c’è un altissimo tasso di mortalità infantile. La scabbia, una malattia di basso rilievo in Europa, può esitare in una malattia sistemica, causare un’insufficienza renale e portare a morte. Intervenire in tempo può condizionare il percorso di cura e salvare la vita”.