Alena Seredova, attrice e modella, conosce Giovannino. Lei è una volontaria del Sant’Anna e l’ha tenuto in braccio. Ma non solo. Sa bene cos’è l’ittiosi di cui il piccolo soffre perché da piccola anche lei ha avuto qualcosa di simile. I genitori di Giovannino non se la sono sentita di prendersi cura del piccolo. La sua malattia, rarissima, non è semplice da gestire.
Nato con l’ittiosi Arlecchino, bimbo abbandonato a Torino: la sua patologia colpisce la pelle al momento della nascita
«Dal 2005, sono testimonial della Onlus Crescere Insieme al Sant’Anna, ho cominciato con una vendita di fiori» ha raccontato Alena al Corriere della Sera. «Poi, il primario di Neonatologia Daniele Farina è diventato il pediatra dei miei figli Louis Thomas e David Lee». È così a settembre ha avuto modo di conoscere Giovannino, di soli due mesi. «A Praga, i medici pensavano che avessi l’ittiosi anch’io», spiega, «papà ricorda sempre che, quando mi vide nella culla dell’ospedale, tutta coperta di squame, fece un balzo all’indietro per lo spavento, poi cominciò a piangere. La mia pelle era tutta secca, come rivestita da una corazza ruvida e irregolare. I medici parlarono di ittiosi, ma l’ittiosi arlecchino che ha Giovannino, purtroppo per lui, è una malattia rara per la quale non si conosce cura. Io, invece, ero solo nata con la pelle molto asciutta perché ero stata troppo in pancia: 42 settimane bella comoda».
Per curarla, racconta ancora la modella, «fecero quello che oggi fanno a Giovannino: lo ungono per dare sollievo alla pelle che tira. Per una settimana, mi ungevano tutti i giorni, immergendomi in una bacinella di olio emolliente. Dissero a mia madre che sarei sempre stata male, che non avrei potuto prendere il sole. Poi, la mia pelle fece la muta, come quella di un serpente, e non ho mai avuto problemi cutanei di alcun tipo».
Il suo incontro con Giovannino è stato casuale: «L’ho visto a settembre. Ero andata a programmare le raccolte fondi per Natale, con la vendita dei panettoni. Quel reparto è un gioiello, anche grazie alle donazioni dei privati. Per esempio, i genitori possono entrare quando vogliono, ed è molto utile se hai altri figli a casa o se lavori. Mi hanno presentato questo cucciolo, mi hanno raccontato la sua storia e vederlo è stato un momento molto forte. Pensi che non l’ho visto nella fase peggiore – racconta senza trattenere le lacrime –, cioè appena nato. Ho capito che deve essere una patologia molto dolorosa: la pelle è talmente secca che si rompe, fa le piaghe. Ma medici e infermieri lo tengono sempre unto e, quando l’ho conosciuto, non sembrava sofferente, non piangeva. Si vedeva che era curato con amore. Ho incontrato un bimbo molto vispo, super sveglio. A quanto mi dicono, non ha problemi cognitivi o neurologici, è solo un bimbo che avrà sempre bisogno di cure speciali. Io l’ho portato un po’ in giro nel passeggino. Ho pensato a quanto dovesse essere stato doloroso per i genitori decidere di lasciarlo. So che sono più o meno miei coetanei, che l’hanno avuto con una fecondazione assistita e che, nonostante tutti gli esami preventivi, era stato impossibile diagnosticare in anticipo una malattia così rara. Non mi sento di giudicarli».