Il trapianto di microbiota (il mix di batteri intestinali) da un donatore sano dimezza il periodo di degenza nei pazienti ricoverati per la temibile infezione da ‘Clostridium difficile‘ e ne aumenta la sopravvivenza nel tempo. E’ quanto dedotto da uno studio pubblicato sugli Annals of Internal Medicine da ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs di Roma. Il dato è’ destinato a cambiare la pratica clinica ospedaliera, sostiene Antonio Gasbarrini, Direttore dell’Area Medicina Interna, Gastroenterologia e Oncologia medica della Fondazione, che ha coordinato il lavoro. Lo studio attesta in via definitiva l’efficacia del trapianto di microbiota intestinale (Fmt) da donatori sani contro un’infezione spesso difficilissima e pericolosa, quella da Clostridium difficile: il trapianto aumenta la sopravvivenza a lungo termine di oltre un terzo rispetto alla terapia antibiotica classica e dimezza i giorni di degenza necessari al paziente, riducendo il rischio di gravi complicanze come la sepsi.
Anche a causa dell‘abuso di antibiotici, l’infezione da Clostridium difficile è diventata epidemica negli ultimi anni, specialmente in pazienti anziani e fragili. Si stima che ogni anno negli Usa muoiano circa 29.000 persone per tale patologia, per una spesa complessiva di 5 miliardi di dollari all’anno. I sintomi possono variare da una semplice diarrea a un quadro clinico grave, che può essere mortale. Il Clostridium difficile e’ un batterio che risiede in forma latente nell’intestino di circa il 30% delle persone (portatori sani), e l’infezione si manifesta solo quando il microbiota intestinale del soggetto viene debilitato, come in caso di massicce e ripetute terapie antibiotiche.