Diabete e rischio complicanze: fondamentale la regola “ABCs” per il controllo di glicemia, pressione e colesterolo

La chiave per prevenire o ritardare il più possibile le complicanze del diabete "sta, soprattutto, negli stili di vita. E poi c’è l’ABCs"
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Secondo l’ultimo Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha pubblicato i dati del Global Health Observatory sulle stime dei decessi per causa, età, sesso e paese relative al periodo 2000-2016, il diabete nel 2016 ha ucciso 1,6 milioni di persone.

Il diabete “può avere complicanze a breve e a lungo termine. Le prime possono essere legate all’iperglicemia o all’ipoglicemia, insorgono acutamente e possono mettere in pericolo, nell’immediato, la vita del soggetto. Le complicanze a lungo termine, invece, sono quelle croniche che s’instaurano subdolamente, poco per volta, e possono davvero essere minimizzate attraverso una buona gestione della malattia. Possono colpire diversi organi“: la dottoressa Renata Gili ha dedicato all’argomento un interessante approfondimento, pubblicato su Medical Facts, il magazine online di informazione scientifica e debunking delle fake news, con la direzione scientifica del dott. Roberto Burioni.

Le persone diabetiche – spiega l’esperta – hanno un rischio raddoppiato d’infarto miocardico o ictus. Possono, poi, essere danneggiati i vasi sanguigni che irrorano la retina, la parte dell’occhio che ci permette di inviare i segnali visivi al cervello e quindi di vedere, con il rischio di cecità. Inoltre, gli alti livelli di zucchero nel sangue possono danneggiare i reni fino a un’insufficienza renale cronica oppure i nervi, con lo sviluppo di una neuropatia che porta a dolore e riduzione della sensibilità. I danni ai nervi e ai piccoli vasi che irrorano gli arti inferiori, specialmente i piedi, possono portare alla temutissima complicanza del piede diabetico caratterizzato da ulcerazioni e necrosi che possono portare a gravi infezioni difficili da trattare, fino alla necessità di amputazione.

La chiave per prevenire o ritardare il più possibile le complicanze del diabetesta, soprattutto, negli stili di vita. Il Centers for Disease Control and Prevention statunitense ha pubblicato un vero e proprio kit per la prevenzione, il cui cardine è la messa in atto di comportamenti salutari. Dal seguire una dieta corretta all’essere fisicamente attivi per almeno 150 minuti alla settimana, al perdere almeno il 5-7% del peso corporeo se si è sovrappeso. E poi c’è l’ABCsA, che sta per A1C, ossia l’emoglobina glicata, un esame del sangue da eseguire non meno di due volte all’anno per vedere se si ha un buon controllo della glicemia; B, che sta per “blood pressure” o pressione sanguigna, da monitorare regolarmente e tenere al di sotto dei livelli target (normalmente sotto i 140/90 ma, a seconda dei fattori di rischio, potrebbe esserci la necessità di tenerla più bassa, e per questo dovete consultare il vostro medico); C, ossia il controllo dei livelli di colesterolo nel sangue, da ridurre al di sotto di una certa soglia che il vostro medico vi dirà, anche qui, in base alla presenza o meno di altri fattori di rischio. La s finale, invece, sta per “Stop al fumo di sigaretta”.

Diabete, i sintomi evidenti che rivelano la malattia: ecco quando correre ai ripari e controllare i valori della glicemia

All’origine della maggiore diffusione e mortalità del diabete – si spiega sull’Almanacco della Scienza del CNR – c’è l’incremento del sovrappeso e dell’obesità, principali cause del diabete di tipo 2, una delle due forme della patologia, afferma Rosalba Giacco dell’Istituto di scienze alimentari (Isa) del Cnr: “Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata da un’alterazione del metabolismo del glucosio, che determina livelli elevati di glicemia. È associata inoltre a complicanze vascolari invalidanti a carico di diversi organi, dall’infarto del miocardio all’ictus, a danni oculari e renali. Esistono due diverse forme di diabete mellito, il tipo 1 poco frequente, colpisce prevalentemente i giovani ed è causato da un deficit assoluto di insulina, l’ormone prodotto dalle cellule beta del pancreas, che regola il metabolismo dei carboidrati; il tipo 2, causato da un utilizzo inadeguato del glucosio anche in presenza di livelli circolanti d’insulina normali o elevati, è molto più diffuso, ha la maggiore incidenza in età adulta ed è associato nell’80-90% dei casi a obesità localizzata a livello viscerale. È conosciuto come diabete dell’anziano, ma negli ultimi anni colpisce anche i giovani a causa dell’incremento di sovrappeso e di obesità in questa fascia d’età. Chi soffre di diabete tipo 2, presenta spesso anche pressione arteriosa elevata, alti livelli di trigliceridi e un basso livello di colesterolo Hdl, tutti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari”.

È importante quindi individuare il più presto possibile la presenza di questa malattia, che si manifesta con sintomi piuttosto evidenti. “L’aumento della frequenza della minzione (poliuria) e la conseguente necessità di introdurre molti liquidi per compensarne le perdite, una fame costante, carenza di energia e stanchezza, oltre a vista offuscata sono segni che possono indurre il sospetto del diabete”, spiega la ricercatrice del Cnr-Isa. “Nei bambini e nei giovani, si aggiungono sintomi quali arresto della crescita e perdita di peso corporeo. In presenza di queste manifestazioni è consigliabile dunque controllare i valori della glicemia e, se questa risulta maggiore di 200 mg/dL, bisogna valutare la diagnosi di diabete”.

Prevenire in maniera efficace questa patologia è fondamentale. Il diabete è molto diffuso anche nel nostro Paese, dove colpisce il 5.8% della popolazione, a circa 3.516.333 persone di cui solo una su 10 è affetta da diabete tipo 1. Ma negli ultimi 15 anni si è registrato un aumento del 25% di casi di diabete di tipo 2 a causa dell’incremento di peso degli italiani, come già si accennava. “Occorre modificare lo stile di vita, evitare gli eccessi alimentari e puntare sulla qualità della dieta, aumentando l’assunzione di alimenti di origine vegetale e limitando quelli di origine animale, pur senza escluderli del tutto”, conclude Giacco. “È consigliabile consumare almeno due porzioni di verdura al giorno e due di frutta, legumi o pasta con legumi almeno due-tre volte la settimana. Inoltre è consigliato preferire i cereali integrali, mangiare pesce almeno due volte la settimana, limitare il consumo di carne rossa, uova e formaggi e quello di dolci, biscotti e bevande zuccherate. Bisogna poi incrementare l’esercizio fisico, che previene l’accumulo di grasso corporeo, camminando tutti i giorni a passo svelto per almeno 30-45 minuti e praticando altre attività che permettono di aumentare il dispendio energetico”.

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