Il diabete nel nostro Paese riguarda 3,7 milioni di persone, un numero pari alla popolazione della Regione Toscana. Un diabetico su tre, inoltre, non sa di esserlo, il che significa che questa patologia in Italia è anche una “città fantasma”, una metropoli delle dimensioni di Napoli – terza città italiana per numero di abitanti – fatta tutta di persone che ignorano la propria malattia. Come ricorda per il secondo anno consecutivo il World Diabetes Day, che si celebra oggi, la prevenzione con un sano stile di vita deve iniziare tra le mura domestiche, “in famiglia”. La famiglia gioca inoltre un ruolo cruciale nella diagnosi precoce dei nuovi casi e sempre la famiglia può fare la differenza nel percorso di cura di ogni paziente. “Ci rivolgiamo ai familiari delle persone con diabete affinché, di concerto con il team di cura, siano di supporto ai propri cari, anche proteggendoli da tanti ‘falsi amici’ come diete miracolose e altre fake news relative al diabete, molto in voga in questo periodo”, dichiara Domenico Mannino, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi.
“In letteratura è stata dimostrata la funzione ‘terapeutica’ del supporto di familiari e amici (1)”, evidenzia Paolo Di Bartolo, Vice Presidente AMD. “Per fronteggiare il diabete non esistono scorciatoie, né soluzioni facili: essendo il paradigma delle patologie croniche, richiede al paziente un duro impegno quotidiano fatto di aderenza alle terapie, monitoraggio, dieta, conoscenza e consapevolezza, insomma uno sforzo costante teso all’autogestione che durerà per tutta la vita. È facile comprendere come genitori, figli, fratelli e sorelle, altri parenti e amici stretti divengano parte integrante del percorso di cura: per i bambini con diabete tipo 1 i genitori sono i ‘gestori’ della terapia, ma anche nei pazienti adulti con diabete tipo 2 il supporto di familiari e amici può portare a risultati migliori sul fronte di outcome specifici quali il controllo glicemico”.
“Anche nella diagnosi precoce – prosegue Di Bartolo – la famiglia potrebbe svolgere un ruolo prezioso di ‘sentinella’ dei nuovi casi ma, come dimostrano i numeri del ‘diabete sommerso’, ossia non ancora diagnosticato, occorrono ulteriori sforzi per sensibilizzare la popolazione sul riconoscimento dei fattori di rischio e dei potenziali sintomi della patologia”.
“Una volta che il diabete viene diagnosticato, per il paziente si prospetta un cammino da acrobata: deve raggiungere e mantenere un difficile equilibrio (cioè la glicemia sotto controllo) bilanciando continuamente numerosi elementi, quali alimentazione, attività fisica, terapia, stile di vita. È facile compiere un passo falso, ma per fortuna, esistono delle ‘reti di protezione’, che sono proprio le reti sociali: in primis la famiglia, ma anche gli amici, i medici di riferimento e le associazioni di pazienti”, conclude Di Bartolo.
In questo delicato “esercizio di coordinazione”, che si raggiunge solo con un adeguato gioco di squadra, i medici svolgono ovviamente un compito fondamentale. “Come ha dimostrato l’ultima edizione degli Annali AMD, indagine che periodicamente fotografa la qualità dell’assistenza erogata dai centri di diabetologia italiani, 1 paziente su 2 nel nostro Paese accede alle cure del più alto livello”, sottolinea Domenico Mannino. “Nelle diverse edizioni degli Annali, infatti, stiamo osservando un trend di miglioramento costante nel monitoraggio della malattia e dei fattori di rischio cardiovascolare, un aumento del numero di pazienti con valori adeguati di emoglobina glicata, colesterolo e pressione e dell’impiego dei farmaci innovativi. Un bilancio particolarmente significativo che, in occasione della Giornata Mondiale del Diabete, colloca il nostro Paese tra quelli più virtuosi nella cura di questa patologia. In queste settimane stiamo ultimando la raccolta dati della Campagna Annali 2019, che ha visto l’adesione di circa 250 Servizi di Diabetologia, e a breve ne pubblicheremo i risultati”.