Basta Imu e Tasi: con la manovra arriva la “nuova Imu“, che unifica le due imposte e, nelle intenzioni dichiarate del governo, non dovrebbe aumentare il carico fiscale sul mattone. L’aliquota base, però, aumenta dal 7,6 all’8,6 per mille e i sindaci avranno spazio per manovrarla fino a un massimo del 10,6 per mille salvo il prossimo anno quando quei Comuni che già avevano portato al massimo il peso di entrambe le tasse sulla casa potranno alzare l’imposizione fino all’11,4 per mille. Una scelta che probabilmente faranno i grandi Comuni come Roma e Milano – come evidenzia anche Confedilizia che paventa il rischio di aumenti delle tasse sulla casa – e che comunque andrà fatta con esplicita delibera. Dal 2021 non ci sarà più la possibilità di alzarla a quel livello ma si potrà, al massimo, ridurre.
Ma la novità è che i sindaci potranno anche decidere di azzerare del tutto l’imposta, scelta possibile finora solo rispetto alla Tasi. E lo potranno fare anche su castelli, ville e abitazioni di pregio che attualmente pagano l’Imu anche se sono prime case (per questa tipologia di abitazioni l’aliquota della nuova Imu passa dal 4 al 5 per mille). Restano le attuali esenzioni, compresa quella, resa esplicita, per la casa familiare che rimane al genitore affidatario dei figli in caso di separazione. E viene confermato anche lo sconto del 25% per chi affitta una seconda o terza casa a canone concordato (per gli affitti sociali la manovra stabilizza anche l’aliquota della cedolare secca al 10%). La nuova Imu si continuerà a pagare come le vecchie imposte sulla casa, con bollettino postale o F24 e in due rate: la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Per il solo 2020 come prima rata si dovrà versare la metà di quanto pagato nel 2019, in attesa che i sindaci adottino le delibere in base alle nuove regole, che vanno pubblicate entro il 28 ottobre.