Buone Feste 2019 – Perché il Natale si celebra il 25 dicembre?

Il Natale è una delle feste religiose più sentite nel mondo cristiano. Ecco perché si celebra proprio il 25 dicembre
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Buone Feste 2019 – Oggi, 25 dicembre, giorno di Natale, la Chiesa cattolica celebra la Nascita di Gesù: i Vangeli la collocano in un periodo storico preciso (il regno di Erode il Grande) ma non individuano una data precisa.
Nei primi due secoli non risulta nemmeno che i cristiani celebrassero il Natale.
Il primo riferimento a una presunta data di nascita di Gesù si individua intorno all’anno 200 in uno scritto di Clemente di Alessandria, che cita due scuole di pensiero, nessuna delle quali, però, legata al giorno che noi associamo al Natale: secondo alcuni cristiani – spiega Clemente – Gesù sarebbe nato il 28 agosto, per altri il 20 maggio.

Solo a partire dal IV secolo si affermano le due date che oggi conosciamo: il 25 dicembre per le Chiese d’Occidente e il 6 gennaio per i cristiani d’Oriente.

Oggi la Vergine dà alla luce Colui che è al di sopra di ogni essenza e la terra offre una grotta all’Inaccessibile. Gli Angeli con i pastori cantano gloria, i Magi camminano guidati dalla stella: per noi è nato, quale nuovo Bambino, il Dio di prima dei secoli”. ”E’ il Natale. Di chi? Del Signore. Ma è nato il Signore? Sì. Il Verbo che era in principio, Dio presso Dio, è dunque nato? Sì. Sì, è nato, perché se egli non avesse avuto una generazione umana, noi non saremmo mai pervenuti alla rigenerazione divina. Egli è nato perché noi rinascessimo a vita nuova”. Così scrive Sant’Agostino. E San Leone Magno aggiunge: ”Qualsiasi uomo che in qualsivoglia parte del mondo viene rigenerato in Cristo, diventa, con la nuova nascita, un uomo nuovo, e viene interrotta la vecchia successione originale; non deriva più dunque dalla generazione carnale del padre, ma dal germe del Salvatore che si è fatto figlio dell’uomo, perché noi potessimo essere figli di Dio”.

Perché il 25 dicembre?

L’ipotesi più accreditata fa riferimento alla festa pagana del «Sole vittorioso», a cui l’imperatore Aureliano aveva dedicato un tempio il 25 dicembre del 274.
Si trattava di un culto venuto dall’Oriente, ricordato nella data di allora del solstizio d’inverno, quando la luce solare cominciava a farsi più viva (Natalis Solis Invicti). Questa “eliolatria” (adorazione del sole) aveva trovato un grande favore popolare e l’autorità imperiale ne sfruttava il culto, piegandolo alla devozione verso l’imperatore (la parola natalis indicava anche i giorni della sua apoteosi, con l’assunzione della porpora). La Chiesa in espansione scelse di “cristianizzare” il sentimento religioso diffuso. Vi era il sostegno di alcuni passi biblici, già interpretati in senso cristologico come la profezia sul «sole di giustizia che sorgerà con raggi benefici» (Mal 3,20) o il salmo 18,6 («Là pose una tenda per il sole che esce come sposo dalla stanza nuziale»), insieme alla teologia giovannea su Gesù luce del mondo (Gv 1,9; 8,12).

Quindi, di fronte al diffuso culto pagano, la Chiesa propose ai fedeli l’adorazione del vero Sole, il Signore Gesù, nel giorno della sua nascita al mondo.
Esiste però anche una seconda ipotesi, più legata a una visione teologica: secondo alcuni studiosi il punto di partenza sarebbe la data della morte di Gesù, che i Vangeli collocano al 14 del mese di nisan del calendario ebraico. Secondo i calcoli di Tertulliano,  teologo cristiano vissuto tra il II e il III secolo, nell’anno della morte di Gesù sarebbe coinciso con il 25 marzo. Così, a partire dell’idea secondo cui l’inizio e la fine si ricollegano, a quella data i cristiani avrebbero cominciato ad associare anche il concepimento di Gesù. Come conseguenza la data del 25 dicembre sarebbe stata associata al Natale calcolando i nove mesi della gestazione.

Sempre in riferimento alla nascita di Gesù Cristo, un capitolo a parte spetta all’anno, che secondo molti studiosi, non sarebbe  stato correttamente calcolato.
Si ritiene si tratti di un errore fatto dal monaco Dionigi il piccolo, un monaco orientale vissuto tra il V e il VI secolo: Bonifacio, capo dei notai pontifici (primicerio), gli chiese di studiare con attenzione l’annoso problema della data della Pasqua, il cui calcolo divideva, fin dal terzo secolo, la Chiesa di Roma da quella di Bisanzio. Tanti problemi e discussioni dipendevano dal fatto che la Pasqua è legata all’anno lunare, più breve di 11 giorni e circa 6 ore rispetto all’anno solare. Di conseguenza, i giorni che mancavano al ciclo della luna dovevano essere raccolti in un mese supplementare secondo periodi comunque difficili da definire. Nel compilare la tabella, introdusse l’usanza di contare gli anni “dalla Incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo” (piuttosto che a partire dalla fondazione di Roma oppure dal 284, inizio del regno dell’imperatore Diocleziano, come si faceva allora), per cui il primo anno cominciato dopo la nascita di Gesù divenne l’anno 1 d.C.

Nonostante sia chiaro che il calcolo di Dionigi era sbagliato, per praticità l’anno che lui definì “1 d.C.” è ancora usato come punto di partenza per contare gli anni nel Calendario gregoriano, usato in Italia e nei Paesi occidentali.
Perché nel calcolo di Dionigi si va da 1 a.C. a 1 d.C. e non c’è l’anno 0? Perché all’epoca di Dionigi in Europa non si conosceva ancora il concetto di zero, che fu elaborato in Oriente e venne importato in Europa da Leonardo Fibonacci nel 1202.
L’ipotesi più plausibile, al momento, vede Gesù nato subito dopo il censimento di Augusto dell’8 a.C. e prima della morte di Erode il Grande, avvenuta nel 4 a.C.
Gesù sarebbe quindi nato tra l’8 a.C. ed il 4 a.C.

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