Clima, Unione Europea divisa sulla transizione energetica: obiettivo 2050 a rischio, e c’è il nodo nucleare

Clima, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca si oppongono al Green deal lanciato ieri da Ursula von der Leyen: le posizioni
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Il Green deal lanciato ieri da Ursula von der Leyen come atto fondante della legislatura, rischia di incagliarsi in Consiglio. I leader dei 27, che hanno affrontato il tema come primo punto in agenda nel pomeriggio, sono entrati al vertice gia’ divisi sull’ obiettivo di raggiungere la neutralita’ climatica nel 2050. E il tema del nucleare ha aumentato le tensioni. Il blocco dell’Est, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, minaccia di fermare le conclusioni del summit se non ci saranno sufficienti garanzie per i fondi che dovranno servire alla transizione energetica. E anche l’Italia, oltre a chiedere il massimo di flessibilità possibile sugli investimenti ‘verdi’, fino ad arrivare allo scorporo dal calcolo del deficit, cerca la strada per ottenere fondi che servano alla riconversione di settori chiave dell’economia del Paese, a cominciare dall’acciao e dunque dall’ex Ilva. “L’Italia ha gia’ il suo piano Clima, che dobbiamo aggiornare a fine anno siamo il secondo Paese nel campo delle energie rinnovabili, per noi l’obiettivo del 2050 e’ sostenibile, ma anche per noi ha un costo” ha detto il premier Giuseppe Conte a margine del Consiglio europeo, rispondendo a chi gli chiede delle compensazioni finanziarie chieste dai Paesi dell’Est Europa per dare il via libera al Green New Deal.

Il blocco Visegrad fa asse: “Non possiamo dare il nostro consenso a un modello di trasformazione economica di cui soffrira’ la societa’ polacca – ha detto il primo ministro polacco Mateusz Morawieckiil costo della trasformazione dell’energia in Polonia e’ molto piu’ elevato” di altri Paesi – ha insistito – “il tempo per raggiungere la neutralita’ dal carbonio deve variare a seconda del livello di sviluppo economico dei paesi“. Stesso tono di Andrej Babis, primo ministro ceco, secondo cui a Praga la transizione “costera’ 30-40 miliardi di euro“, mentre per aiutare la transizione dei paesi meno pronti la Commissione intende creare un fondo, il cosiddetto ‘Just transition fund‘, dotato di 100 miliardi di euro in tutto.

centrale nucleareBabis inoltre chiede che l’energia nucleare, che non emette CO2, venga esplicitamente menzionata nelle conclusioni del Vertice come fonte di energia pulita. Un riconoscimento che se fosse accolto potrebbe avere conseguenze finanziarie, aprendo alla possibilita’ di usare gli aiuti alla transizione proprio per l’energia nucleare. Fonti diplomatiche pero’ escludono che nelle conclusioni possa venire usata una formula cosi’ esplicita e si parlera’ soltanto di autonomia dei paesi membri nell’utilizzare il mix energetico che preferiscono. Sulla stessa linea anche il primo ministro ungherese Viktor Orban che chiede “una chiara garanzia finanziaria“, e ha aggiunto che “senza energia nucleare non esiste una neutralita’ dell’economia europea“. Dalla parte di Visegrad si schiera la Francia, dove oltre il 70% dell’elettricita’ prodotta e’ di origine nucleare: secondo Emmanuel Macron, il nucleare “puo’ far parte del mix energetico dei paesi europei sulla strada della neutralita’ del carbonio. Tutti devono essere in grado di costruire la propria transizione con le proprie mani – ha aggiunto Macrone il nucleare fa parte della transizione“. Nettamente contrari invece la Germania, l’Austria e Lussemburgo. Le ambizioni sul Green deal di von der Leyen dovra’ fare i conti anche con un altro dossier chiave all’ordine del giorno, quello del bilancio pluriennale, che sara’ affrontato durante la cena. La proposta finlandese che prevede un bilancio integrato da contributi nazionali di 1,087 miliardi di euro, pari all’1,07% del Reddito nazionale lordo europeo contro l’1,114% proposto dalla Commissione e l’1,3% dal Parlamento, non piace a nessuno. E’ probabile che il dossier venga rinviato, forse a un vertice straordinario che potrebbe essere convocato a febbraio.

Clima, la posizione dell’Italia con il presidente Giuseppe Conte

L’Europa deve essere capace di assumere la leadership geopolitica della lotta per il clima, perché il suo esempio virtuoso non basterebbe a fermare il riscaldamento globale, se le altre grandi economie del mondo non la seguiranno. E per concretizzare il “Green Deal” dell’Ue, sarà necessario sostenere finanziariamente la transizione energetica nei paesi e nei settori ancora fortemente dipendenti dai combustibili fossili. E’ quanto ha detto, in sostanza, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte stasera a Bruxelles durante un breve incontro con alcuni giornalisti a margine del Consiglio europeo, che proprio su questo tema sta cercando di superare le differenze di posizione fra gli Stati membri, con i paesi dell’Est che chiedono garanzie finanziarie, nell’ambito del bilancio pluriennale comunitario 2021-2027, prima di impegnarsi ad accettare l’obiettivo della “neutralità climatica” al 2050. “Non tutti – ha osservato Contesiamo nelle medesime condizioni: c’è un divario per quanto riguarda la transizione energetica, un divario che rischia di essere molto costoso per alcuni paesi rispetto ad altri. Allora, perseguire l’obiettivo comune della neutralità climatica al 2050 ad alcuni costerebbe un impegno finanziario credibile, mentre per altri l’impegno sarebbe più modesto“. “Il tema – ha proseguito il premier – è quello: innanzitutto spaventa la data e poi spaventano anche gli impegni finanziari. Chiaramente poi c’è anche un problema di sostenibilità dal punto di vista del supporto energetico di questa transizione, perché per chi è molto indietro con i combustibili fossili, per il suo sistema produttivo, rischia di essere proprio dal punto di vista tecnico e tecnologico una sfida molto più complicata“.

A un giornalista che chiedeva se il governo abbia fatto i calcoli di quanto costerà la transizione energetica in Italia, Conte ha risposto: “Noi abbiamo il nostro piano clima, che adesso dobbiamo aggiornare a fine anno. Noi abbiamo un primato: Siamo il secondo Paese nel campo delle energie rinnovabili: per noi è sostenibile, ma anche per noi ha un costo raggiungere la sfida dell’obiettivo del 2050“. “Sicuramente – ha osservato il premier – dobbiamo usare anche la leva finanziaria e lo stesso ‘Just Transition Mechanism’ può essere uno strumento. E’ chiaro che c’è un impatto economico e sociale: il meccanismo di solidarietà può funzionare; lo riconosciamo, lo riconosco anch’io“. “Il tema vero – ha sottolineato – è che dobbiamo essere ambiziosi: se non riusciamo ad essere ambiziosi, diventa anche una questione geopolitica“, e nella discussione al Consiglio europeo “anche altri sono intervenuti in consonanza con questa nostra posizione“. Perché, ha ricordato Conte, “oggi circa il 92% delle emissioni nocive non proviene dall’Europa, proviene dal resto del mondo. Se l’Europa non assume una posizione di leadership, da sola non fa nulla. Se riesci non solo a dare tu la testimonianza diretta di riorganizzare il tuo sistema industriale e produttivo, ma a coinvolgere anche gli altri, non ottieni nulla. Quindi – ha concluso Conte -, prima si parte meglio è”.

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