Quel 18 gennaio 2017 difficilmente lo dimenticheremo. Noi italiani, noi giornalisti, abbiamo vissuto quella notte come se fosse una delle più lunghe di quell’anno. Pubblicammo un articolo su MeteoWeb in serata annunciando quanto stava accadendo in Abruzzo. Poi, qualche ora dopo, notizie sempre più certe e sempre più tragiche arrivavano nelle redazioni giornalistiche di tutta Italia. “Una valanga avrebbe investito l’hotel Rigopiano di Farindola, alle falde del Gran Sasso pescarese: l’allarme è stato dato da due clienti. Al momento dell’incidente sarebbero state almeno una ventina le persone presenti nell’albergo, tra clienti e dipendenti della struttura. Sono in atto le operazioni di soccorso. Si teme che ci possano essere vittime sotto il grande quantitativo di neve caduto dalla montagna“.
“Al momento tutti i telefoni risultano muti, compresi i cellulari – scrivevamo proprio su queste stesse pagine -. Una tormenta di neve sta rallentando la marcia dei soccorsi verso l’hotel Rigopiano. Persino il “gatto delle nevi” dei vigili del fuoco sta incontrando difficoltà e gli unici mezzi che stanno procedendo verso l’hotel sono le turbine dei pompieri. I soccorsi – come riferisce Roberto Cutraci, consigliere comunale di Farindola – sono partiti un paio di ore fa da Pescara e da Penne: in movimento ci sono gli uomini del soccorso alpino e dei carabinieri, partiti da Penne, quelli dei vigili del fuoco, partiti da Pescara. La distanza da percorrere, in una situazione resa molto difficile dalla neve, è di 45 km da Pescara a Farindola e di altri 9 km da Farindola fino alla frazione di Rigopiano. Non è quindi escluso che ci vogliano altre 2 o 3 ore perché i soccorsi arrivino sul posto”.
Oggi, a distanza di tre anni, sappiamo con precisione ciò che accadde dopo le 17:00 di quel giorno nero che l’Italia non dimenticherà facilmente. Una valanga di neve e detriti si staccò dal Monte Siella e travolse l’hotel Rigopiano di Farindola: morirono ben 29 persone. La valanga, una massa di neve e ghiaccio del peso di 120.000 tonnellate, colpì il resort di lusso con una violenza pari a 4 mila tir a pieno carico. In quel momento erano presenti 40 persone: 28 ospiti, di cui 4 bambini, e 12 dipendenti, che rimasero isolati ed imprigionati dalle macerie e dalla neve perché la strada provinciale dall’hotel al bivio Mirri, lunga 9,3 chilometri, era “impercorribile per ingombro neve – si legge nelle carte dell’inchiesta – di fatto rendendo impossibile a tutti i presenti nell’albergo di allontanarsi dallo stesso, tanto più in quanto allarmati dalle scosse di terremoto del 18 gennaio“.
“Stiamo salendo con la colonna Mobile dei soccorsi dietro la turbina della Provincia verso l’albergo di Rigopiano. Siamo una trentina fra vigili del fuoco e altri uomini delle forze dell’ordine. La strada è coperta da oltre due metri di neve, ed è in corso una bufera. Contiamo di arrivare nella zona della struttura alberghiera non prima di due ore. Sappiamo che c’è stata questa valanga, ma non sappiamo quale parte della struttura dell’albergo è stata investita dalla neve”. Aveva dichiarato intorno alle 23:00 il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta raggiunto telefonicamente mentre procedeva lentamente verso la zona di Rigopiano. E intanto gli sms da parte delle persone intrappolate nell’albergo si susseguivano e destavano preoccupazione: “Aiuto aiuto stiamo morendo di freddo”, così scrivevano due clienti in un messaggio inviato ai soccorritori. La colonna dei soccorritori in quei momenti era ostacolata da altre slavine che hanno trascinato sulla strada alberi e pietre che è stato necessario rimuovere. Nel frattempo un gruppo del soccorso Alpino si stava già dirigendo con gli sci verso l’hotel.
L’Abruzzo si trovava in piena emergenza neve, con mezzi insufficienti e un intero sistema in ginocchio. La mattina del 18 gennaio si erano verificate anche quattro scosse di terremoto, di magnitudo 5.1, con epicentro nell’Aquilano, che fecero tremare tutto il centro Italia. E forse fu proprio questa una delle cause concomitanti della valanga (per approfondire: Rigopiano, l’esperto: “il sisma può aver innescato la valanga” ). Gli ospiti del resort, a quanto raccontato dai superstiti, erano terrorizzati e volevano andare via. Poche ore prima della tragedia l’amministratore dell’hotel inviò una mail alle autorità per avvisare che “la situazione è davvero preoccupante“. Le richieste d’aiuto furono numerose: Gabriele D’Angelo, cameriere dell’Hotel Rigopiano, deceduto nel disastro, quella mattina fece delle telefonate per chiedere l’evacuazione del resort. La sorella di Roberto Del Rosso, proprietario dell’Hotel, andò personalmente negli uffici preposti della Provincia a chiedere aiuto. Ma, si seppe subito nelle ore successive al disastro, le richieste rimasero senza risposta, con gli ospiti dell’albergo bloccati dalla neve e in attesa già dalle 15 di quel tragico pomeriggio di uno spazzaneve che non arrivò mai, perché la valanga fu più veloce. Molti di loro furono sorpresi dalla slavina mentre si trovavano nella hall con le valigie già pronte per andare via appena giunti i soccorsi.
Da allora ne è passato di acqua sotto ai ponti: la Procura di Pescara ha chiuso l’inchiesta su Rigopiano il 26 novembre 2018 e sulla morte delle 29 vittime non ci sono dubbi: furono negligenza, imperizia e imprudenza, a tutti i livelli istituzionali, a causare la tragedia.