Ha raggiunto il Golfo di Trieste l’epidemia che in tutto il Mediterraneo sta decimando le popolazioni di Pinna nobilis, conosciuta anche come “nacchera”, uno dei più grandi molluschi bivalvi del ‘Mare nostrum’. La denuncia arriva dal Wwf – Area Marina Protetta di Miramare che, ricordando come da Muggia a Sistiana il 60-70% degli individui sia già morto a causa di un parassita, l’Haplosporidium pinnae, fa sapere in una nota di aver attivato la task force scientifica per affrontare l’emergenza.
L’attenzione della Riserva Marina sullo stato di salute nel Golfo di Trieste della pinna, specie protetta dalla Direttiva Habitat e dalla Convenzione di Barcellona, era già altissima da quando, nel 2016, era stato registrato in Spagna un evento di mortalità di massa che aveva colpito l’80-100% degli individui. “Da allora – spiega il responsabile dell’Amp, Maurizio Spoto – abbiamo iniziato monitoraggi specifici in coordinamento con Arpa, Regione Fvg e i principali istituti di ricerca locali e nazionali, per verificare le condizioni di salute nell”Area e più in generale nelle acque regionali“. Le attività di monitoraggio subacqueo condotte nelle ultime settimane, abbinate agli esiti delle analisi genetiche compiute dall’Università di Trieste, dimostrano come, anche se nella riserva di Miramare sembrano godere ancora di buona salute, da Muggia a Barcola, da Santa Croce a Sistiana, il 60-70% degli individui sia invece già morto.
La stagione invernale con le sue temperature basse è un fattore limitante all’ulteriore diffusione del patogeno, ma il timore è che con l’arrivo della primavera si verifichi un moria con effetti devastanti per una specie che nel Golfo triestino raggiungeva densità anche di 0,8 individui per metro quadro, fino a 20 volte superiori rispetto ad altri siti del Mediterraneo, tanto da rappresentare una sorta di scogliera naturale. “L’epidemia non può essere fermata – prosegue – Spoto -, ma possiamo cercare di mitigarne gli effetti. L’azione più urgente è l’attivazione di un monitoraggio a tappeto su tutto il golfo per identificare i nuclei di animali sani, che dovranno essere utilizzati con tecniche di ripopolamento per ricreare uno stock tale da assicurare la sopravvivenza della specie nel Golfo. Per queste attività sperimentali – conclude il responsabile dell’Amp – saranno tuttavia necessari finanziamenti ad hoc, senza i quali non potremo salvare la Pinna nobilis dall’estinzione nel Golfo“.